La Galleria delle Fiabe di Tiziana Ricci. La storia illustrata di Pollicino

Le Petit Poucet è un’altra fiaba dei Contes. Certo, altre fiabe hanno trattato lo stesso tema, ma la versione che c’interessa è proprio quella di Charles Perrault: Pollicino. Quale tema tratta questa fiaba? La fame, il dover lottare per un pezzo di pane, perché altrimenti saremo noi a essere mangiati; e questo ci ricorda il detto “mangiare o essere mangiati”, per l’appunto. La Storia ci fa intuire che probabilmente, con questo tema, Perrault si riferisse alla grande carestia che ci fu sotto il regno di Luigi XIV; nel 1715, infatti, la Senna ghiacciò completamente e anche il suolo gelò per parecchi centimetri, creando grossi problemi alla popolazione. Questo il motivo per cui fu chiamata “la piccola era glaciale”. Tutto questo portò alla carestia che, così pare, ispirò Le Petit Poucet per i Contes.

Fig.1 Gustave Dorè
Fig. 4 Illustrazione di Dorè
Nella fiaba, i genitori di Pollicino e i suoi fratelli, si trovano costretti ad abbandonare i figli nel bosco perché non hanno più cibo per sfamare neanche loro stessi, ma quest’esperienza serve a Pollicino per imparare a usare la propria intelligenza.

Fig. 2 Gustave Dorè
Fig.7 Gustave Dorè
Nell’ormai più volte citato Fiabe di Ida Porfido, l’autrice, infatti, ci fa ragionare sull’insegnamento che lo scrittore francese vuole offrire al bambino, proprio riguardo all’intelligenza: l’imparare a cavarsela anche nelle situazioni più difficili. Pollicino è un bambino che, pur di salvare i fratelli, decide di rinunciare al pane. La seconda volta che i genitori li lasciano nel bosco, infatti, utilizza lo stesso espediente della prima volta, ma anziché i sassolini, il bambino lascia cadere le briciole del pane che aveva nascosto nella tasca (fig.1).
Purtroppo questo non serve a nulla, perché gli uccellini mangiano tutte le briciole e Pollicino, con i suoi fratelli, non trova più la strada di casa. In compenso i poveri bimbi capitano in una casa di orchi avvistata da lontano. Hanno bisogno di un riparo per la notte, sono molto affamati, e anche i lupi, lì nel folto bosco, lo sono. Per quanto mi riguarda, Pollicino è l’unica fiaba, dove finora ho letto di una famiglia di orchi, e soprattutto ci vengono presentati tutti. Normalmente nelle fiabe, l’orco è sempre solo; sì, si parla anche di altri orchi ma quasi mai di una famiglia intera. In Pollicino abbiamo a che fare con un padre, una madre e sette bambine, che si stanno preparando a far crescere i loro denti per mangiare meglio gli altri bambini, infatti, Perrault scrive:



“Queste  piccole  orchesse  avevano  tutte  una  bellissima  carnagione,  perché  come  il  padre, si nutrivano di carne viva; ma avevano certi occhietti grigi e rotondi, il naso a becco e la bocca larga larga con lunghi denti molto aguzzi e distanti uno dall’altro. Non erano ancora molto cattive, ma già promettevano bene perché mordevano i bambini per succhiarne il sangue.”

Fig. 4 Illustrazione di W. Heath Robinson, 1921.
Fig.5 Gustave Dorè


















Eccole, rappresentate da Dorè, cinque di loro coricate nel grande letto, con delle ossa rosicchiate di qualche animale tra le piccole mani da bambine e tra la bocca, tra quei dentini di cui parla Perrault (fig. 2). La madre di queste piccole orchesse si mostra gentile con Pollicino e i suoi fratelli, e nonostante la paura del marito, nasconde i bambini in casa propria. Li vediamo, infatti, avviarsi verso quella casa dove hanno avvistato l’unica luce che si poteva scrutare nel bosco. È Robinson che ci accompagna verso la dimora dell’Orco (fig.3), ed è sempre Dorè che ci mostra l’attimo successivo: la brava donna che illumina la strada ai bambini e gli concede di nascondersi nella sua casa (fig.4).
La donna è timorosa, il marito ha un gran fiuto e purtroppo, come lei temeva, l’Orco li scova e vuole mangiarli (fig. 5), ma sotto suggerimento di lei aspetta l’indomani, quando ormai è troppo tardi perché, grazie all’intelligente intervento di Pollicino, lui e i suoi fratelli riescono tutti a fuggire.
Fig. 6 Illustrazione di Clouzier. Le Petit Poucet nella prima edizione
dei Contes, 1697

Qui Pollicino accresce ancora di più la sua intelligenza per avere salva la vita. Lui, infatti, durante la notte propone ai fratelli di scambiare i loro berretti con le coroncine indossate dalle orchesse coricate, così che nel caso l’Orco fosse entrato in camera al buio per ucciderli, avrebbe anzi ucciso le sue stesse figlie. Gesto molto crudele per una fiaba, ma che evidenzia in tutto e per tutto cosa si riesca a fare per la sopravvivenza: un bambino che per salvare sé e i suoi fratelli, medita l’uccisione di altri bambini, anche se orchi, per mano del loro stesso padre. Se ci ragionate, non assocereste mai questo tipo di escogitazione a un bambino così piccolo, ma Pollicino è un bambino che non ha più nulla che la sua intelligenza, è un bambino che non ha da perdere niente, come se all'improvviso fosse cresciuto per affrontare la vita senza la protezione di una casa. E la sua scaltrezza non finisce qui; lui lascia fuggire i fratelli e scappa in seguito rubando gli stivali dalle sette leghe (stivali che con un passo ti fanno percorre sette leghe; derivano dai sandali di Perseo, dai sandali d’oro di Atena e dai calzari alati di Mercurio. Fiabe, Ida Porfido.) all’Orco. Silenzioso, afferra con le sue manine i grossi e pesanti stivali (figg. 6, 7), perché sa che nell’indossarli questi prenderanno le dimensioni dei suoi piccoli piedi e … via veloce verso casa! (fig.8)

Fig. 8 Illustrazione di W. Heath Robinson, 1921.
Old-time stories racconti di C. Perrault,
trad. di A.E. Jhonson.
Pollicino è un percorso emotivo di crescita interiore e applicabile nella vita. La figura di questo “bambino-eroe”, di cui tanto si parla in La luce azzurra: saggi sulla fiaba di Dieter Richter (Milano, Mondadori, 1994), rappresenta a tutto tondo quella che in questi saggi viene definita “utopia della fiaba”: partenza, viaggio e ritorno; che sono proprio i punti salienti di questa fiaba. I bambini vengono abbandonati, la partenza; i bambini trovano un modo per sopravvivere, il viaggio; e gli stessi bambini tornano a casa, un po’ più adulti, un po’ più padroni di se stessi. Altro segnale di questa tipologia di fiaba è presente nel personaggio stesso di Pollicino: il fatto che sia il fratello minore. È sempre il più piccolo a dover affrontare questo viaggio di “crescita interiore”. Per di più, Pollicino è piccolo anche letteralmente, non solo per l’età, e questo fa di lui la figura alla quale meno ci si affiderebbe, perché si pensa essere la più fragile; ma in realtà “nella botte piccola c’è il vino buono” si suole dire. Ed è così che Pollicino, cresciuto, anche se solo nella spiritualmente, riporta a casa i fratelli che ancora pensano solo a mangiare e dormire, perché beati, sono ancora bambini; e devono ringrazia il più piccolo di loro se hanno salva la vita, se possono assaporare il gusto del cibo e di un bel riposo fra i modesti e morbidi cuscini di casa.


Tiziana Ricci è un'illustratrice diplomata all'Accademia di Belle Arti di Bologna sotto il corso di Fumetto e Illustrazione. I post pubblicati su Fiabe in Analisi sono un estratto dalla sua tesi sulla tradizione orale, scritta e disegnata della fiaba dal titolo La Fiaba sulla Fiaba, (relatrice Prof.ssa Paola Pallottino). 
I blog di Tiziana: 

Commenti

  1. Quante belle immagini di Dorè! E io sono contenta.
    Il trucco di Pollicino nei confronti delle figlie dell'orco è davvero diabolico, ma nella fiaba spesso la furbizia ha i suoi lati oscuri.

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