Il Grillo Parlante (seconda parte)

Illustrazione di Roberto Sgrilli
Il Grillo Parlante (prima parte)

Nel capitolo XIII il Grillo Parlante appare a Pinocchio di notte su un tronco d'albero come un "piccolo animaletto che riluceva di una luce pallida e opaca, come un lumino da notte dentro una lampada di porcellana trasparente": autodefinendosi "l'ombra del Grillo-parlante" lo esorta, senza successo, a tornare da Geppetto portando i quattro zecchini d'oro che il burattino stava andando a sotterrare nel Campo dei miracoli. Non c’è ancora alcun tentennamento in Pinocchio che, di fronte all’ombra del Grillo che lui stesso ha ucciso, risponde bruscamente. Ma di nuovo il Grillo, risponde con la sua calma di saggio: 
– Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni! Dai retta a me, ritorna indietro.
Poi saluta Pinocchio:
– Buona notte, Pinocchio, e che il cielo ti salvi dalla guazza e dagli assassini! 
Appena dette queste ultime parole, il Grillo-parlante si spense a un tratto, come si spenge un lume soffiandoci sopra, e la strada rimase più buia di prima. 
La coscienza di Pinocchio (rappresentata dal grillo) si oscura di nuovo; Pinocchio prosegue al buio della sua coscienza, come fosse ormai accecato dalla sua caratteristica principale, ossia disubbidire. Pinocchio continua a non avere una coscienza interiore (che non ha mai avuto) e nemmeno esteriore (che ha ucciso con una martellata), tuttavia la coscienza riaffiora dall’inconscio, anche se in modo lieve, come una luce pallida. 
Il grillo avverte Pinocchio di stare attento agli imbroglioni che fanno promesse improbabili, ma, ignorato dal burattino, gli augurerà che il cielo lo protegga dalla guazza e dagli assassini, come dire che solo il cielo, a questo punto, può proteggere Pinocchio (che non vuole proteggersi da solo). 
Nel capitolo XVI il Grillo parlante compare come uno dei tre medici (insieme al Corvo e alla Civetta) accorsi al capezzale di Pinocchio nella casa della Fata, dove, sgridando il burattino per il suo comportamento, riesce a farlo rinvenire. Di nuovo Pinocchio comincerà a piangere dalla vergogna.
– Quel burattino lì è un figliuolo disubbidiente, che farà morire di crepacuore il suo povero babbo!...
A questo punto si sentì nella camera un suono soffocato di pianti e di singhiozzi. Figuratevi come rimasero tutti, allorché sollevati un poco i lenzuoli, si accorsero che quello che piangeva e singhiozzava era Pinocchio. 
Piange spesso di vergogna il nostro Pinocchio, lacrime vere che escono dagli occhi dipinti da Geppetto. Pinocchio, come detto, non ha una coscienza interiore, ma ha delle lacrime vere che escono da lui come risultato della vergogna. Sono lacrime che sembrano dare umanità al burattino, più piange e più prende coscienza dei suoi errori, quasi tutti legati al non avere ascoltato il Grillo parlante. 
L’ultima apparizione del Grillo parlante è nel capitolo XXXVI come proprietario della capanna di paglia dove trovano rifugio Pinocchio e Geppetto scampati dal ventre del pesce-cane. E’ il momento, in cui Pinocchio ha quasi concluso il suo viaggio iniziatico o di metamorfosi: ha superato grandi ostacoli, ha sofferto, ha ritrovato il padre Geppetto (la sua origine) e fuoriesce dal pesce-cane come a nuova vita (vedi post "Viaggio dentro il ventre della "balena") Il Grillo-parlante racconta che la capanna gli era stata regalata da una "graziosa capra" con il pelo turchino (la Fata). 
Il Grillo ospita Pinocchio e Geppetto e con questo atto di ospitalità, non si limita più a fare sermoni e morale ma dà un vero esempio con il proprio comportamento, ma non rinunciando del tutto alle parole dirà a Pinocchio: “(…) in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.” 
– Oh! mio caro Grillino, – disse Pinocchio salutandolo garbatamente.
– Ora mi chiami il «tuo caro Grillino», non è vero? Ma ti rammenti di quando, per scacciarmi di casa tua, mi tirasti un martello di legno?...
– Hai ragione, Grillino! Scaccia anche me... tira anche a me un martello di legno: ma abbi pietà del mio povero babbo...
– Io avrò pietà del babbo e anche del figliuolo: ma ho voluto rammentarti il brutto garbo ricevuto, per insegnarti che in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.
– Hai ragione, Grillino, hai ragione da vendere e io terrò a mente la lezione che mi hai data. Ma mi dici come hai fatto a comprarti questa bella capanna?
– Questa capanna mi è stata regalata ieri da una graziosa capra, che aveva la lana d’un bellissimo colore turchino.
– E la capra dov’è andata? – domandò Pinocchio con vivissima curiosità.
– Non lo so.
– E quando ritornerà?...
– Non ritornerà mai. Ieri è partita tutta afflitta, e, belando, pareva che dicesse: “Povero Pinocchio... oramai non lo rivedrò più... il Pesce-cane a quest’ora l’avrà bell’e divorato!...”.
– Ha detto proprio così?... Dunque era lei!... Era lei!... era la mia cara Fatina!... – cominciò a urlare Pinocchio, singhiozzando e piangendo dirottamente.
Quand’ebbe pianto ben bene, si rasciugò gli occhi e, preparato un buon lettino di paglia, vi distese sopra il vecchio Geppetto. 
Ancora singhiozzi e lacrime, lacrime salate che purificano; come quel mare dove viene gettato il ciuchino-Pinocchio e che, come tocca le onde, diventa di nuovo un burattino; acqua salata che trasforma e tiene a galla, il mare trasforma e tiene a galla il burattino così come le lacrime trasformano e portano a galla la coscienza.

Commenti

  1. Pinocchio non è un bambino vero e non può avere coscienza, allora la trova all'esterno, ma non la ascolta. Il Grillo Parlante è un personaggio davvero geniale.

    Molto bello anche il tuo discorso sulle lacrime che umanizzano il burattino.

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