L'Uccello blu di Maurice Maeterlinck

Perché mai la morte sarebbe altra cosa, e più morta, che la vita? 

Maurice Maeterlinck 

Siamo alla vigilia di Natale, dalla finestra due fratellini Tyltyl e Myltyl ammirano i giocattoli e i dolci che imbandiscono le tavole delle case altrui; immediato il collegamento alla scena de La piccola fiammiferaia di Hans Christian Andersen, dove la piccola, con i suoi pochi fiammiferi, illumina le stanze ricche di addobbi e cibo, che lei non aveva. Qui c’è anche la musica che inebria, che crea una sorta di magia e i bambini, seguendo questa magia, trasportati in una danza euforica partono per un viaggio immaginario, cominciando a gustare quei dolci come fossero veri. È questo viaggio della fantasia la premessa al viaggio centrale dell’opera, il viaggio iniziatico che durerà, apparentemente, una notte intera. È la vigilia di Natale, periodo di nascite solstiziali, ed ecco l’eterna lotta tra la Notte e la Luce. “Siamo tutti più buoni” si usa dire in questo periodo, in fondo, questa semplice affermazione cela la trasformazione legata a questo momento: non siamo gli stessi di sempre, siamo più buoni, quindi diversi, trasformati. Trasformazioni legate al solstizio d’inverno che si verifica, nell’emisfero nord della Terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima, si verificano cioè la notte più lunga e il dì più corto dell’anno. È durante questa lunga notte che i due bambini viaggeranno, guidati da Luce, alla ricerca dell’Uccello Blu che porterà felicità nelle loro vite, non con grandi cambiamenti fisici ma donando loro la capacità di vedere la vita di sempre attraverso una nuova Luce. Saranno capaci di guardare con nuovi occhi le vecchie cose di sempre.
Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma appare più visibile il terzo o quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. Questa interpretazione “astronomica” può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro; pensiamo, per esempio, come nelle fiabe che rispondono ad archetipi comuni, il giorno di Natale appaia spesso come tempo che fa da sfondo alle vicende dei protagonisti, per i quali, di solito, è prevista una rinascita, un miglioramento. Effettivamente, anche il viaggio di Tyltyl e Myltyl è un viaggio solstiziale: sembra sprofondare nelle tenebre, passando per i luoghi della morte, dove i bambini incontreranno i nonni da tempo defunti, per poi entrare nel Reame dell’Avvenire, dove incontreranno i bambini non ancora nati, tra questi il loro futuro fratellino. 
I bambini si trovano nella loro casa, è una casa povera, in cui si respira miseria, bisogni e desiderio ma, in realtà, ossia per meglio dire, dal punto di vista simbolico c’è tutta la vita: luce, fuoco, pane, latte, acqua e zucchero, un cane e una gatta (che presto subiranno un processo di personificazione); manca il male, ovvero la notte. C’è la gatta che è compagna della notte a far presente che il confine tra bene e male è sottile. Sarà Gatta, infatti che, pur di salvarsi la vita, chiederà aiuto a Notte, anche a costo della vita dei due bambini. È il gatto legato alla notte ma anche al diavolo e alle streghe. Dalla finestra Myltyl e Tyltyl vedono arrivare due carrozze da cui escono 12 bambini o, forse, sono delle bambine, sembra che all’autore non interessi precisare se si tratti di maschi o di femmine. Sono forse anche questi dei simboli? Il 12 è un numero che torna più volte all’interno dell’opera: per l’esattezza 12 volte. L’opera stessa è divisa in 6 atti e 12 quadri; i 12 bambini escono da due carrozze a 6 cavalli (quindi in totale anche i cavalli sono 12). Che cosa rappresenta il numero 12? Subito pensiamo ai 12 mesi e ai segni dello Zodiaco, quindi termini relativi al tempo, coerentemente con l’importanza del collocare la vicenda in una notte di solstizio e al termine dell’anno. Il dodici, esotericamente, è associato alle prove fisiche e mistiche che deve compire l’iniziato; il superamento di tali prove porta ad un miglioramento. In molte culture i riti iniziatici si compiono all’età di dodici anni, dopo di che, il giovane viene riconosciuto appartenente all’età adulta. 
Luce che conduce Tyltyl e Myltyl ha una sua forma e intensificazione nel Diamante che viene donato a Tyltyl, collocato sopra un berretto che il bambino deve portare sempre addosso. Il Diamante con le sue sfaccettature dà visioni e prospettive diverse, oltre ad avere caratteristiche come durezza, tenacia e lucentezza. Simbolo di potenza spirituale, può rappresentare la tendenza all’illuminazione interiore. Secondo Plinio è un talismano contro tutti i veleni e tutte le malattie capace di allontanare gli spiriti malvagi e i brutti sogni. Con il Diamante sulla testa, i due bambini, che nel finale saranno definiti “predestinati”, ne acquisiscono tutte le caratteristiche. 
È quindi un viaggio iniziatico? Sembrerebbe di sì anche dalla risposta della Fata al dubbio di Tyltyl che non sa dove si trovi l’Uccello Blu e, quindi, dove cercarlo: 
Tyltyl: Ma non so dov’è. 
Fata: Nemmeno io. Per questo bisogna cercarlo. 
Una sorta di ricerca dell’ideale, che c’è, ma non sappiamo quale forma abbia e dove in realtà si trovi; il compito è cercarlo. Come già spiegato, alla fine dell’opera i due bambini saranno definiti “predestinati”. È da considerarsi un viaggio iniziatico soprattutto perché i viaggiatori sanno che alla fine del percorso dovranno morire; in realtà non moriranno: torneranno alla loro vita ma avranno una nuova visione della loro vecchia esistenza; la casa dei bambini non apparirà più povera ma sarà una casa ricca di amore. È la loro vecchia vita che è morta, non la loro vita fisica. La ricerca dell’Uccello Blu rappresenta questa ricerca, la ricerca della Felicità, ossia di una visione che getta luce sulle cose. 
Il contatto più esplicito con la morte accadrà quando i bambini incontreranno i loro nonni defunti. Saranno loro a regalare ai nipoti un uccello blu che però, all’esterno dalla dimensione morte, si rivelerà essere nero. 
In questo mondo di opposti (Luce-Notte, Acqua-Fuoco) se esiste il Regno della Morte non può certo mancare il Reame dell’Avvenire, dove Myltyl e Tyltyl incontreranno il loro fratellino che nascerà e dal quale sapranno che porterà sulla terra tre cose: la scarlattina, la pertosse e il morbillo, per poi morire. Qui Luce trova e cattura l’Uccello Blu. Ma arrivati a casa, Tyltyl avrà una certezza: Quello dei Ricordi è diventato tutto nero, quello dell’Avvenire è diventato tutto rosso, quelli della Notte sono morti e non ho potuto prendere quello della Foresta; è colpa mia se cambiano colore, se muoiono o se scappano? risponde Luce: Abbiamo fatto ciò che potevamo. Verrebbe da credere che non esista, l’Uccello Blu; o che cambi colore quando lo si metta in gabbia. 
L’Uccello Blu diventa nero al contatto con la luce. La luce della Verità è il limite alla felicità; la luce della ragione che svela segreti agli uomini, in realtà, li allontana dalla felicità stessa. Notte: Signore, signore! In che tempi viviamo! [...] Non comprendo più l’Uomo, da qualche anno. Dove vuole arrivare? Deve conoscere davvero ogni cosa? Ha già carpito un terzo dei miei Misteri. 
Sarà nella foresta che la Quercia dirà a Mytyl: Tu cerchi l’Uccello Blu, vale a dire il grande segreto delle cose e della felicità, perché gli Uomini rendano ancora più dura la nostra schiavitù. Ma il segreto di tutte le cose e della felicità è da sempre degli animali e delle piante non dell’Uomo. Le piante della foresta e gli animali si ribellano ai due bambini ritenendoli, come rappresentanti della razza umana, i distruttori del loro regno. 
Luce: Vedi bene che l’Uomo è solo contro tutti, in questo mondo. 
Solo perché si è allontanato dall’anima della Natura, quell’anima simile all’anima degli altri animali e delle piante, e destinato alla ricerca continua dell’Uccello Blu della Felicità. 
Per concludere questa breve analisi, osserviamo come, non solo la Luce, ma anche il Blu abbia un legame con la Sapienza. Secondo gli gnostici, infatti, il blu è il colore della sophia = sapienza divina. Quella sapienza divina che illumina la mente di Tyltyl e Myltyl, portandoli a raggiungere la felicità della consapevolezza illuminata. Come afferma lo storico francese Michel Pastoureau nel suo libro Blu. Storia di un colore, il blu comincia a presentarsi sulla scena culturale e religiosa nel 1100, così in pittura, il mantello della Vergine, che fino ad allora era stato quasi sempre dipinto di scuro, violetto o bianco in segno di lutto ed afflizione, diventò blu chiaro e luminoso, trasformandosi in un simbolo di purezza e misericordia. Il Romanticismo adottò il blu come luogo dove risiedevano i grandi ispiratori della poesia: la luna, le stelle, il sogno e soprattutto, l’assoluto.  Sapienza divina, purezza, misericordia e assoluto sono quindi le caratteristiche del Blu; la Luce, tuttavia, ne condivide alcune caratteristiche o aiuta a raggiungerle. 
La compagnia dell’Uccello Blu 
I personaggi, nei loro costumi di scena, riportano in vita protagonisti delle fiabe classiche, come per creare una nuova opera dominata da archetipi collettivi che di secolo in secolo continuano a vivere, proponendosi in nuove forme. 
Tyltyl: indossa il costume di Pollicino (Perrault). È il bambino che, nelle fiabe, si allontana da casa o viene abbandonato in un bosco e, dopo molte difficoltà, ritorna al punto di partenza (la casa) in una situazione trasformata in positivo. 
Mytyl: costume di Gretel nella fiaba Hänsel e Gretel o di Cappuccetto Rosso. È la bambina-sorella che segue con fiducia e, senza opporsi, il fratello; è la parte femminile necessaria perché il maschile (in questo caso Tyltyl) possa continuare il suo viaggio. 
Luce: abito “color della luna” della fiaba Pelle d’asino. È la Luce che guida, ma anche, la luce che vede, in quanto è lei che illumina gli oggetti; per estensione è la luce spirituale che illumina ciò che in noi è nascosto. La luce scaccia il buio e fa passare la paura; la luce permette di vedere e quindi di agire; la luce del sole è vitale. Il suo significato religioso: nelle diverse religioni ha sempre rappresentato il mondo della vita, gli dei buoni. Nel Nuovo Testamento la simbologia della luce è applicata a Gesù, è la luce che illumina la via della salvezza, ma in particolare in riferimento alla resurrezione: la luce che le tenebre non hanno soffocato. È un po’ il viaggio di Tyltyl e Myltyl. 
Fata Beriluna, Vicina Berlingot: costume classico delle povere nelle fiabe. È colei che dà il via alla vicenda con la sua richiesta, dà un compito ai bambini “predestinati”: trovare l’Uccello Blu della Felicità. Un ruolo solo apparentemente di secondo piano, è l’“intruso” che pone il problema che i personaggi devono risolvere. 
Cane: indossa una tonaca rossa, calzoni bianchi, stivali verniciati, cappello cerato; costume che ricorda più o meno quello di John Bull. Ha un’anima da valletto sentenzierà Gatta per ironizzare, probabilmente, sulla nota fedeltà del cane nei confronti dell’uomo; il Cane protagonista vede Tyltyl come il suo piccolo Dio e, con questo riconoscimento, gli dichiara fedeltà e venerazione. 
Gatta: nella scena, indossa una maglia di seta nera a paillettes. Nera come la notte, paillettes brillanti come le stelle; il gatto vive di notte e, nel passato, era associato al demonio e compagno delle streghe. 
Pane: indossa un sontuoso costume da pascià. Ha la tendenza opposta a quella di Gatta, in quanto tende ad essere conciliante con tutti e a sedare le risse tra gli stessi viaggiatori. È il primo e il più diffuso nutrimento dopo il latte materno. I greci onoravano la dea del pane, Demetra, ritenuta l’intermediaria con il regno dei morti: in molte tradizioni il pane viene offerto ai defunti per il loro viaggio nell’aldilà; o anche, nel giorno dei morti, esiste ancora la tradizione di lasciare la tavola apparecchiata affinché i defunti che ci fanno visita, possano ristorarsi. Sarà proprio Pane che, durante il viaggio, donerà una fetta di se stesso a Tyltyl e Myltyl. Nell’Antico Testamento, il pane era considerato un dono di Dio, al popolo che cammina nel deserto, manda la manna come segno della sua attenzione e premura per l’uomo. 
Zucchero: è vestito con un abito di seta, simile a quello degli eunuchi, metà bianco e metà blu per ricordare la carta d’imballaggio del pan di zucchero. Acconciatura dei guardiani dei serragli degli harem arabi. Anche lui nutrirà i bambini, donando le sue dita di zucchero che si riformano una volta spezzate. 
Fuoco: ha una maglia rossa, mantello vermiglio con riflessi cangianti, foderato d’oro. Il fuoco riscalda, protegge, illumina, raffina e quindi trasforma, ma allo stesso tempo divora, distrugge. Il fuoco è da sempre stato usato per consumare le offerte agli dèi, è quindi diventato segno della presenza di Dio, anche per la carica archetipica che esso ha: Dio è una presenza che riscalda, illumina e protegge, è una presenza irresistibile, che ti raffina e ti trasforma.
Acqua: ha l’abito “colore del tempo” della fiaba Pelle d’asino. Pane e acqua, sono essenziali per la vita umana. L’acqua disseta, nutre, ma può anche distruggere e creare caos con alluvioni. Questo concetto lo ritroviamo nella Bibbia dove l’acqua assume il significato della creazione (“in principio”), fonte della vita, ma c’è anche l’acqua del diluvio.

Commenti

  1. In realtà ho scoperto che ne esiste un'altra traduzione integrale, pubblicata negli anni Novanta. Ma è fuori catalogo e irrecuperabile.
    Grazie di cuore Marcella, mi hai fatto n bel regalo.

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    1. Scherzi!? Grazie a te per questa occasione. E' stato un "lavorone" e, coerentemente, doveva essere pubblicato il 1° maggio!!

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