Fate e Serpenti

Il termine “Fata” deriva dal gaelico “faunoe” o “fatuoe” che nella mitologia pagana indicano le compagne dei fauni; tale parola viene fatta risalire anche al termine “fatica” che nel medioevo era sinonimo di “donna selvatica”, ovvero di donna dei boschi, delle acque, e in genere del mondo naturale. David Larkin, (Fate, 1978). Secondo altre fonti invece, il nome fata deriva dall'altro nome latino delle Parche, che è Fatae, ovvero coloro che presiedono al Fato (dal latino Fatum ovvero "destino"). 
Fatum, tuttavia ha anche altre traduzioni:
1. oracolo, predizioni. In Livio troviamo l’espressione fata Sibyllina per indicare gli oracoli della Sibilla. Caratteristica delle fate che, spesso, non dicono esplicitamente il futuro ma danno indicazioni perché questo si avveri.
Illustrazione Le Fate di Perrault
2. fato, destino, fatalità. L’incontro con la fata è un imbattersi “per caso” in una fata che ha diverse sembianze. Nella fiaba di Perrault Le Fate, la fata si presenta come una vecchietta che chiede a due giovani sorellastre di darle un po’ d’acqua: la sorella buona e gentile darà da bere alla vecchietta che in cambio le donerà la capacità di trasformare ogni sua parola in pietre preziose o rose; la seconda sorella arrogante e sgarbata rifiuterà la cortesia e la vecchietta/fata la condannerà a veder uscire dalla sua bocca parole trasformate in rospi o serpi.
3. volontà degli dei. La Fata che troviamo nei boschi, immersa nella natura ha poteri divini;
4. cattiva sorte, calamità. Così è la fata che condannerà la Bella Addormentata a cento anni di sonno.
La fata delle fiabe classiche mantiene le caratteristiche sia della fata legata alla terra e alla selva che le caratteristiche che la vogliono tessitrice del destino, della fortuna degli uomini ma anche dispensatrici di cattiva sorte. In questa accezione negativa la fata è spesso accompagnata dal serpente (che, come appena detto, compare anche ne Le Fate di Perrault).

In una grotta che si apre sulle pendici di Monte Acuto, una "Signora" tesse da tempo immemorabile con un telaio d'oro. Per impossessarsi del telaio occorre salire sul monte, a mezzanotte, denudarsi, sostenere un bicchiere pieno d'acqua e attendere che un grosso serpente, dopo aver avvolto il nostro corpo nelle sue spire senza che un gesto o una parola tradiscano la nostra emozione, si protenda verso il bicchiere e ne beva l'acqua. Soltanto allora avremo libero accesso ai gradini scavati nella roccia che conducono alla grotta e al telaio. Nessun cercatore di tesori, però, è mai riuscito a giungere fino alla "Signora": sopraffatti dalla paura, rotto irrimediabilmente il silenzio, tutti si sono ritrovati a molti chilometri di distanza, trasportati da un vento improvviso, privi di sensi, abbandonati in mezzo a cespugli di rovo. (Paolo Appignanesi, La liberazione di Cingoli e altre pagine di storia cingolana, pp. 389-421, tratto da http://www.antiqui.it/doc/leggende/serpente1.htm)
La Signora che tesse non può che far pensare alle Parche (fate) che tessono il destino degli uomini. Tesse da tempo immemorabile: origini eterne può avere il tempo per l’uomo che non ne può comprendere l’inizio e la fine. Il furto del telaio fa pensare ad un tentativo dell’Uomo di impossessarsi del tempo o, forse, di poterlo fermare per vincere la morte. La caverna, tuttavia, luogo dove si trova il telaio è  il regno del sottosuolo, il regno della morte e dei morti. Il furto deve avvenire allo scoccare della mezzanotte, il momento senza tempo, quando c’è il passaggio tra un giorno e il successivo, c’è un attimo di “non tempo”.
In un punto alto della montagna detto il Cardetto, si trova una grotta nella quale si ritiene abitino le Fate.
 Si narra la storia d'amore di una di esse con un giovane contadino che lavorava la terra in un campo nelle vicinanze della grotta; ma per un crudele incantesimo la Fata diveniva una splendida fanciulla per soli tre giorni e per altri tre un grosso serpente. Così quando il ragazzo scavava il solco con l'aiuto dei buoi, lei vi strisciava all'interno, per restargli vicino. Accadde dopo un po' di tempo che il giovane dovette allontanarsi per qualche giorno, per cui incaricò fratello di continuare i lavori, raccomandandogli di non temere, soprattutto, non molestare l'innocuo serpente che ormai per abitudine seguiva la terra scavata dietro l'aratro. Inizialmente il fratello lasciò che il serpente lo seguisse tranquillamente, ma l'ultimo giorno il rettile si accorse che non aveva davanti a se l'innamorato bensì un'altra persona, e sdegnato alzò la testa e spalancò le fauci minacciosamente nei confronti dell'agricoltore, il quale, spaventato, reagì colpendo violentemente l'animale, che fuggì e scomparve... Quando il fratello ritornò e fu informato dell'accaduto, cercò invano disperatamente per molto tempo di far tornare l'amata fata, chiamandola e implorandola senza pace, ma lei non apparve mai più. Allora lui, con il cuore spezzato, decise di rimanerle fedele per tutta la vita, e volle infine che la morte lo cogliesse nel sonno, davanti alla grotta dove l'aveva conosciuta, per ritrovarla e amarla ancora e per sempre nel cielo delle Fate.
Qui la fata si trasforma addirittura nel serpente, le loro identità coincidono. Ma non manca, come nella fiaba precedente, la grotta. Questa fata non solo è legata al tempo che passa ma, piuttosto, al regno della morte, forse la sua natura è più simile a quella di un fantasma che di una vera e propria fata. E lì, all’entrata della grotta, entrata degli Inferi, il giovane innamorato sceglierà di morire.
Il serpente è  associato  al mondo ctonio dal quale emerge, simbolo della rinascita e del rinnovamento per la caratteristica di cambiare pelle, per questo è spesso associato alla donna e anche alla luna, entrambe capaci di generare e rinnovarsi. La Fata, come donna "selvatica" della selva, come terra madre ed eterna generatrice sembra avere un legame con il serpente con cui divide le stesse affinità e la stessa terra.
Per approfondimenti vedi il post Dalla Grande madre, alle Fate e alla Vecchia Strega su Kokoro

Commenti

  1. Purtroppo la concezione delle fate in epoca odierna è soltanto di una creatura al limite della mielosità più totale in contrapposizione alle streghe che invece sono cattive e crudeli.
    Una considerazione più che sbagliata: innanzitutto la strega è come una sacerdotessa della natura e non esiste magia bianca o nera o almeno totalmente. La fata è uno spirito della natura e si sa che la natura non è mai completamente buona o cattiva. Anche quando si tratta di calamità, spesso succede perché vengono a sconvolgere lo status quo.
    Inoltre con le fate bisogna fare attenzione e rispondono con generosità alla gentilezza e con malevolenza alla superbia.
    e a proposito dei serpenti: http://it.wikipedia.org/wiki/Dea_dei_serpenti

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  2. Ottimo articolo! Hai fatto un excursus etimologico secondo me molto valido, e attraverso quello hai messo in luce le caratteristiche molto sfaccettate delle fate nelle diverse leggende. Molto belle poi entrambe le storie, soprattutto la prima. Francamente non avevo mai pensato al collegamento con il serpente, ma devo dire che corrisponde appieno, perlomeno per quei tratti che hai evidenziato tu. Devo dare anche ragione ad Alma: oggi le fate hanno perso tutto il fascino della loro ambiguità. Basti pensare alle fiabe irlandesi, o allo stesso Perrault: creaturine pericolose e capricciose, molto simili a spiritelli, che sapevano anche rapire bambini e fare impazzire sventurati contadini!

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    1. Grazie davvero! L'aspetto etimologico rivela spesso il significato che con il tempo è andato perduto, insomma non potrei vivere senza dizionario etimologico!! Il serpente, inoltre, risulta un simbolo anche positivo (e anche qui il tempo ha un po' distrutto la "fama" di questo animale).

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