Sulle tracce di Biancaneve dalle Alpi alla Sardegna...

Per Giuseppe Sermonti tracce di leggende che ricordano la fiaba di Biancaneve e i sette nani, si trovano in Sardegna; per Giuliano Palmieri (1940-2008) ben tre leggende tipiche delle zone circoscritte dalle Dolomiti ricalcano la struttura di questa fiaba. Entrambe le ricostruzioni dei due studiosi evidenziano l’spetto alchemico e legato alla lavorazione dei metalli o dei minerali all’origine delle leggende.

Da Alchimia della Fiaba di Giuseppe Sermonti:
Benché le fiabe non abbiano, come la storia, un'epoca e un luogo, esse si depositano, come i miti, in alcune regioni propizie, donde traggono alimento e vigore, in cui stabiliscono il loro paesaggio ideale. Biancaneve ha il suo territorio d'elezione nel sud-est della Sardegna. In quella regione, nota come il Sarrabus, esistono giacimenti d'argento e fino all'inizio di questo secolo hanno funzionato numerose miniere.
Jenn e Harbour, 1921
Dalla zona mineraria, guardando verso il sud, appare un massiccio montuoso chiamato il Sette Fratelli. Sono sette picchi, di cui uno emerge sugli altri, col nome femminile di Sa Ceraxa (la cerussa?). Essi sembrano assistere da lassù al sonno della bella addormentata. Una leggenda locale ricorda sei cavalieri che protessero una fanciulla, di una spanna più alta di loro, prima d'esser trasformati in picchi montuosi.
Ai piedi del massiccio esistono ancora i ruderi di un piccolo eremo, chiamati il Convento dei Sette Fratelli (si tramanda che sia stato costruito nel sec. XIV da sette cavalieri).
L'eremo si trova in una piccola radura circondata da un vasto bosco, che in epoche passate era frequentato da animali selvaggi. In quel bosco immaginiamo una fanciulla bianca come neve (la "cerussa" è la biacca) correre impaurita verso la lontana casetta dei sette nani.


Da Le Antiche Voci dei Monti Pallidi, di Giuliano Palmieri:
La storia di Biancaneve curiosamente possiede nel mondo dolomitico tre leggende che ne ricalcano la struttura: la prima è quella di Re Laurino, localizzata nel Catinaccio/Rosengarten, celebre nel mondo tedesco per essere contenuta in uno dei primi documenti poetici della cultura germanica del 1200;  la seconda è ambientata nell’Alto Cordevole, in un’antica miniera di rame lungo il rio dell’Aurona, presso Arabba, mentre la terza è legata alle miniere di ferro del monte Pore.
In queste tre narrazioni appare la figura di una nobile giovane donna segregata nel mondo oscuro della miniera, dalla quale sarà liberata solo dall’intervento di un principe od un re; con la sua fuga dalle viscere della terra anche la ricchezza del mondo sotterraneo si dileguerà, con l’abbandono della miniera.
Esaminando singolarmente i tre testi, vediamo che la leggenda del Rosengarten fissata poeticamente nel 1200 sembra avere radici in un mondo molto precedente, che ha portato all’elaborazione della figura dei nani e dei loro poteri magici, ma nell’ambiente reale non possiede nessun legame minerario, che invece appare nella fisicamente vicina leggenda dell’Aurona: a parte il nome, che la lega al rame (lat. auramen) ed anche a re Laurino (L’Aurino), nell’area dell’alto Cordevole si sono rinvenute delle cuspidi di lancia, databili al Bronzo recente (1300-1100 a. C.); inoltre nella leggenda la mancanza di un alone magico e della figura dei Nani, fa pensare, coi dati toponomastici ed archeologici, che essa sia all’origine della storia di Re Laurino, germogliata fisicamente a poca distanza e nel punto in cui veniva a contatto il mondo germanico con quello retico-ladino, rappresentando così in modo simbolico l’affermazione germanica sul territorio, con la vittoria di Teodorico di Verona su Laurino, re di una comunità mineraria dei Reti.
Infine abbiamo la leggenda delle miniere di ferro del Pore: se rileggiamo la Biancaneve dei Fratelli Grimm, scopriamo che essi collocano la miniera dei sette Nani a sud delle “sette montagne di vetro”, cioè i sette grandi ghiacciai delle Alpi orientali; nella zona del Sud Tirolo storico solo due aree minerarie hanno una grande importanza e notorietà, cioè le miniere di rame della valle Aurina e quelle del monte Pore.
[…]
Secondo la leggenda, quando la produzione di ferro minacciava di esaurirsi, nella miniera veniva condotta la più bella e nobile fanciulla del paese che, affidata ai nani (i morkies, un termine legato al verbo grecoamergo cioè staccare, raschiare), doveva rimanere nel grembo della miniera per sette anni e solo alla precisa scadenza di tale periodo poteva essere riportata alla luce dal Re o da suo figlio che nella narrazione abitava nel castello di Andraz.
Con la sua presenza le vene metallifere nelle viscere della terra ricominciavano a produrre abbondantemente, dando la ricchezza ai minatori. Questa crudele usanza era stata instaurata da una Regina, gelosa della bellezza di una bella fanciulla del paese, che in tal modo era stata eliminata come possibile rivale.
Tale rituale era durato per molte generazioni finché la figlia dello stesso Signore delle miniere, impietosita per la sorte delle fanciulle e sentendosi in parte colpevole, come discendente della regina gelosa, decide di ricoprire ella stessa il ruolo della giovane sacrificata, la Delibana, e non tornerà più alla luce del sole. Così alla sua morte nell’oscurità della miniera anche la fecondità della madre Terra si inaridisce e la miniera viene abbandonata.
La storia della Delibana offre molti punti di contatto con le vicine leggende dell’Aurona e di Re Laurino, con la figura della giovane donna prigioniera nella miniera che continua a produrre ricchezze fino a quando un personaggio esterno libererà la fanciulla, determinando anche la fine della miniera stessa. Invece la storia della Delibana e l’enigmatica presenza della Tsicuta sul Pore presentano altri elementi che la legano a Biancaneve. Nei fratelli Grimm abbiamo la figura della regina gelosa che giungerà a volere la morte della fanciulla per divorarne le viscere (particolare macabro ma con un significato chiave per l’interpretazione della leggenda), mentre nella storia del Pore appare la Regina gelosa che vuole l’eliminazione temporanea della fanciulla (ma non si spiega il rapporto tra presenza nella miniera della fanciulla ed il rinnovarsi della produzione). La Tsicuta della leggenda ladina presente nel Pore nella sua ambivalenza di dea paleoveneta Regina e Pora-datrice di ricchezze, ma anche nel suo aspetto deteriore di maga delle erbe, Signora dei veleni e del papavero da oppio, è in grado di offrire alla fiaba dei Grimm il particolare della mela avvelenata e della morte apparente di Biancaneve, mentre con la sua pietra magica, la Rajetta, abbiamo l’archètipo sciamanico dello specchio.
Illustrazione di Marianne Stokes
C’è quindi una concentrazione di dati nel monte Pore che fisicamente rifluiscono nella fiaba dei fratelli Grimm, ma con l’arcaicità divina della figura della Tsicuta (una vecchia maga che ha al suo servizio un corvo e possiede una pietra magica), in realtà la grande dea paleoveneta delle piante, degli animali e dell’eterno divenire della vita appare il maggior elemento di legame con la Regina cattiva. La dea paleoveneta coincide con l’immagine della Madre Terra, intesa come essere vivente e datrice di vita: anche oggi parliamo di grembo o viscere della terra e, per le miniere appare il termine vena, conservando inconsciamente un concetto religioso particolarmente arcaico. In questo modo possiamo rileggere il rituale crudele del Pore: quando il grembo della Madre Terra perdeva la sua fertilità, minacciando il futuro dei minatori, bisognava ridarle energie, con la logica arcaica della magia simpatica, secondo la quale un corpo comunica per contatto le sue qualità ad un altro, come una mano calda riscalda una mano fredda: quindi la più bella e nobile fanciulla del paese era fatta scendere nella miniera per comunicare le sue intatte energie vitali e riproduttive al grembo esausto della Madre Terra. Questa logica si ritrova nei suoi effetti anche nelle vicine leggende dell’Aurona e di Re Laurino in cui le ricchezze minerarie del regno sotterraneo spariscono, con l’allontanamento della donna dalla miniera. Così si può supporre che questo rituale fosse diffuso nell’area dolomitica in un periodo particolarmente arcaico, legato alle prime attività estrattive dell’età del Bronzo e che rimanesse nei ricordi (o nell’uso?) fino all’età del Ferro preromana.
I minatori tedeschi che a partire dal Medioevo lavoravano nella grande miniera di ferro del Pore, a sud delle Sette montagne di vetro e nel lembo più meridionale del Sud Tirolo raccolsero e portarono in patria gli ultimi echi del rituale poi elaborato dai Grimm nella fiaba in cui appare drammaticamente sottolineato il ricordo della crudele tradizione mineraria nella scena della Regina cattiva che divora le viscere che dovevano appartenere a Biancaneve, per continuare ad essere la più bella del reame. In realtà questa è l’ultima immagine della grande dea della Terra che assimila le intatte energie vitali e riproduttive della fanciulla più bella e più nobile, per continuare ad essere forte ed in grado di produrre ricchezze da donare agli uomini.

I testi completi dei due autori li potete leggere ai seguenti link:
Biancaneve e i sette nani, una fiaba d'argento, di Giuseppe Sermonti nel sito AIRESIS 

Commenti

  1. Grazie per averci offerto questa ricostruzione: trovo affascinante scavare nelle fiabe, nelle leggende e nei miti per portarne alla luce l'eziologia ed evidenziare i punti di contatto fra tradizioni più o meno note. Questo viaggiare fra la Sardegna e le Alpi è straordinario!

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    1. Grazie mille! Mi piace cercare e poi collegare il lavoro di altri studiosi, come in questo caso. Cercherò di proporti qualche altro viaggio!!

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  2. Uno dei miei esami universitari trattò proprio la fiaba e fu straordinario scoprire i percorsi e le origini di tanti racconti noti e meno noti. Abbiamo dinanzi per tanto tempo le versioni disneyane e poi si scopre che non sono che imitazioni e riduzioni di un immaginario molto ricco e tutto nostro, italiano o europeo.

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    1. Ci si può perdere nel cercare le tracce delle origini di una fiaba, anche perchè non si trova un'origine ma molte di più. Hai letto il post su Disney "Due passi nel bosco con Disney", sempre in questo blog?

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    2. No! Finora tutti (e dico tutti) i tuoi articoli sul mondo pinocchiesco di Pinocchio e il suo autore e questo ultimo articolo.
      Dove trovo il post cui fai riferimento?

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    3. Eccolo
      http://fiabeinanalisi.blogspot.it/2012/09/due-passi-nel-bosco-con-walt-disney.html

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  3. Conoscevo la leggenda di Re Laurino (anche se ricordo ben poco) per un volumetto comprato durante una villeggiatura estiva nelle Dolomiti da bambina. Il percorso che ci fai compiere con questa analisi è davvero illuminante. Come sempre XD tanto che mi vien voglia di fare letture inerenti :P

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    1. Sono felice di poterti "contagiare" su questi argomenti ;) Grazie!

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