I bambini li porta il fiume...

Il fiume è portatore di vita poiché dove scorre un fiume può stanziarsi l’uomo, la terra fertile porterà alla nascita dell’agricoltura e alla pratica dell’allevamento; lungo un fiume può così sorgere un villaggio e, con il tempo, un’intera civiltà. Ecco allora che il fiume, nella mitologia, può capitare che trasporti un bambino, simbolo per eccellenza di una nuova vita. Un bambino che, posto in una cesta, è stato affidato al fiume, o gettato via con l’intento di farlo morire, ma che, di solito, avrà fortuna e valore. 
"Mosè salvato dalle acque" Loggia di Raffaello, part.
Fonte wikipedia
I fiumi che portano la vita, portano i bambini, ma non solo: il viaggio lungo il fiume, trasportati all’interno di una cesta o in generale di un contenitore, può ricordare, infatti, il viaggio del defunto adagiato in una barca come ritroviamo in molte tradizioni tra cui quella Egizia o dei popoli dell’Oceania. Seppur vero che questi viaggi funerari sono legati alla fine della vita vero è anche che rappresentano l’arrivo in una nuova vita dopo la morte, quindi una nuova nascita. Nelle fiabe ne è un esempio il protagonista de I tre capelli d’oro del diavolo (Grimm) che, neonato, verrà gettato nel fiume. Incipit: Da una coppia molto povera nasce un bambino, viene al mondo con la camicia della fortuna e subito gli viene predetto che a 14 anni sposerà la figlia del re. Il re, raggiunto dalla notizia, decide di farsi affidare il bambino dalla povera coppia, lo mette in una scatola e lo affida alla corrente del fiume; la scatola che trasporta “la fortuna” arriverà tra le mani di un garzone di un mugnaio dal quale verrà allevato. 
In questa fiaba, il fiume, l’acqua simbolo femminile, il liquido amniotico che di nuovo accoglie il piccolo protagonista, non lo sommerge, ma lo culla e lo trasporta fino ad arrivare nelle mani del garzone del mugnaio, mani come quelle dell’ostetrica che lo hanno accolto e portato nelle braccia della madre. Il garzone lo affiderà alle cure di un mugnaio e della moglie. Così continua a vivere con due nuovi genitori e ciò che il Re aveva disgregato, l’acqua ha riunito. La sorte positiva già si è manifestata: il bambino continua ad essere accolto e nutrito, nessuna avversità impedirà che ciò che è scritto nel fato non possa avverarsi. Essere il futuro antagonista per il dominio di un regno o di un popolo è, spesso, il motivo per cui il neonato viene gettato nelle acque di un fiume. Tutto il corso della sua vita, tutte le vicende porteranno a che questo si verifichi, facendo sì che il loro fato glorioso si compia. Nel mito di Perseo, il re Acriso, rinchiuderà la figlia e il bambino appena messo al mondo in una cassa che abbandona alla deriva nel mare. Solo l’intervento di Zeus farà sì che la cassa approdi sulle coste dell’isola di Serifo. Romolo e Remo, a noi più familiari, saranno anche loro cullati fino ad essere nutriti da una lupa. La scatola, in fondo, può essere associata all’utero materno, dove il nostro protagonista è protetto ma non del tutto irraggiungibile dal pericolo e dalla sorte avversa: un’ondata, il rovesciarsi della scatola e il viaggio può terminare. Nel libro dell'Esodo si narra che un Faraone "che non aveva conosciuto Giuseppe" si spaventò della potenza che avevano acquisito gli ebrei in Egitto, così cominciò a perseguire i discendenti di Giacobbe e uccise i loro primogeniti. Ma una madre salvò il proprio figlio: lo mise in una cesta foderata di bitume e lo affidò alle acque del Nilo. Il bimbo fu trovato da una principessa egizia, sterile, che lo chiamò Mosè ("salvato dalle acque") e lo fece crescere alla corte del Faraone come Principe d'Egitto. Ma un giorno Mosè seppe della sua vera nascita, e si avviò a diventare il profeta di Israele. Un ultimo esempio viene dalle storie degli dei. I Laconi (cioè gli spartani) raccontano che quando il re di Tebe Cadmo scoprì che la figlia Semele aveva partorito un figlio, non credette che il padre fosse divino. Così, per "nascondere la vergogna" di un nipote di padre ignoto, mise la figlia e il bambino in un cofano e lo affidò alle acque. Il cofano galleggiò fino, appunto, alla Laconia, e fu raccolto dagli abitanti della zona. La donna era morta, e fu seppellita in loco, ma il bambino era incredibilmente vivo e fu allevato. Fu il "figlio della acque" destinato alla maggior gloria tra tutti: si trattava infatti di Dioniso, figlio di Zeus, destinato a diventare il dio del vino e dell'ebbrezza. (da: http://deiuominimiti.blogspot.it/2012/09/ninna-nanna-tra-le-acque.html)

Commenti

  1. Nel film di animazione "Il principe d'Egitto" che parla della vita di Mosè c'è una bellissima canzone sul fiume, che mi piace spesso cantare. Il tuo post me l'ha fatta tornare in mente. Se hai qualche minuto, ascoltata, è molto dolce. Bel post!

    RispondiElimina
  2. Qualche tempo fa ho letto un romanzo non troppo semplice e lineare, che riprende l'immagine del fiume così come l'hai presentata: un bambino forse di origine divina viene affidato alle acque e poi raccolto e allevato da una povera donna. Il bambino sarà l'Immortale, protagonista del libro. Facci un pensiero, potrebbe piacerti; ma, ripeto, è una lettura (un po') impegnativa, Il canto dell'immortale di Guldberg Torben - ne ho parlato tempo fa se ti interessasse.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie!! sono andata subito a vedere e metto il link alla tua pagina nel caso altri fossero interessati.
      Questo il link: http://lanostralibreria.blogspot.it/2016/03/libro-il-canto-dell-immortale-di-Torben-Guldberg.html

      Elimina

Posta un commento