Fiabe e trascrizione cinematografica: La Sirenetta

Per gentile concessione di Giulia Oddolini, oggi vi propongo il primo articolo sulla trascrizione cinematografica di alcune fiabe di Andersen: La Sirenetta. Prossimamente saranno pubblicati: La Piccola Fiammiferaia; Scarpe Rosse e il Tenace soldatino di stagno. Giulia Oddolini (profilo facebook) è laureata in Lingue e Letterature Straniere con tesi in Letterature Nordiche. 
In questa analisi si pone particolare attenzione ai finali negativi, che nelle versioni animate vengono spesso cambiati per attenuare il senso di disagio creato dalla morte dei protagonisti; un percorso che si muove dalla presa di coscienza dell’originale danese, che molto spesso è completamente diverso dai cartoni animati che i bambini guardano in televisione, in un climax ascendente che conduce al finale tragico della storia: soldatini avvolti dalle fiamme della passione, sirene senza anima, ragazze che si rivelano ballerine forsennate e bambine che si annullano nella notte di San Silvestro.

La Sirenetta [1] originale e versione Disney a confronto.

La Sirenetta, fonte Disney
Le scelte cinematografiche della Walt Disney Company sono dettate dalle richieste del mercato del “cinema per famiglie”; spesso alla base dei film si trovano dei testi famosi, che rappresentano un sostegno grazie al quale la coesione è garantita e gli sceneggiatori sono liberi di concentrarsi sulle immagini, sulle canzoni e sulle gag. Inoltre, le infedeltà dall’originale sono preziose per il cartone, poiché mostrano il metodo attraverso il quale lo staff disneyano intende esaltare certi valori per garantire l’omogeneità ideologica adeguata al cinema familiare.[2]
La Sirenetta[3] uscì nel 1989, a distanza di molto tempo dalla morte del fondatore e di trenta anni dall’ultimo film animato basato su una fiaba, in un periodo di scarsa creatività; per la prima volta l’aspetto fisico dell’eroina venne arricchito di curve e acquisì il carattere di una donna forte alla ricerca dell’indipendenza, in questo abbastanza vicina all’originale.[4] Nel passaggio dalla storia di Andersen al film, la Disney ha modificato il testo seguendo i dettami della fiaba popolare e anche secondo la propria tradizione, creando così una versione fissata nel tempo e nello spazio, che non è più possibile modificare attraverso l’oralità; difatti, si hanno in mente le vicende narrate nel film e anche i genitori sono ora soliti raccontare ai figli le versioni della Disney, non più gli originali, in questo modo non aggiungono mai nulla alla narrazione.[5]
Si rivela quindi impossibile per lo stile della Disney, ferma sostenitrice del lieto fine, ritrarre la vera storia, nonostante il suo messaggio finale sia quello di non arrendersi di fronte alle difficoltà, lezione molto apprezzata e necessaria ai bambini,[6] quindi è necessario lavorare “di bisturi e di accetta al fine di ricavare un prodotto in linea con il pubblico più affezionato”.[7] Ariel, infatti, dopo varie peripezie, sposa il bel principe e “vissero per sempre felici e contenti”, mentre nell’originale ella muore e si trasforma in una delle figlie dell’aria alla ricerca dell’immortalità:
E la sirenetta sollevò le sue braccia luminose verso il sole di Dio, e per la prima volta sentì le lacrime. Sulla nave c’era di nuovo rumore e vita, vide il principe con la sua bella moglie che la cercavano, guardarono malinconici la schiuma che ribolliva, come se sapessero che si era gettata tra le onde. Invisibile lei baciò la fronte della sposa, sorrise allo sposo e insieme alle altre figlie dell’aria salì sulla nuvola rosa che navigava nel cielo.[8]
Leggendo questo estratto si nota subito come la tristezza pervada il finale di questa bellissima e struggente fiaba, e quanto la versione cinematografica sia lontana dall’originale, tanto che in molti paesi nordici il titolo del film è stato cambiato in Ariell [9], nome della protagonista, poiché la versione originale della fiaba è molto più conosciuta e si è voluto distanziarla dal film animato.[10] Sempre per quanto riguarda questo argomento, si può notare un cambiamento rispetto ai film precedenti basati sulle fiabe: i nomi dei personaggi non sono nomi parlanti, cioè non ci dicono nulla del loro carattere, mentre fino a quel momento la Disney si era basata sull’originale, come Aurora nella Bella addormentata nel bosco[11] o Biancaneve in Biancaneve e i sette nani[12]. L’altro fatto particolare è che in questo caso è lo scrittore danese a non aver dato un nome alla propria eroina, che come è stato detto nel primo capitolo è solitamente una delle caratteristiche che lo distanziano dalla fiaba popolare, spingendo così i produttori del film a dargliene uno. Inoltre, grazie alla scoperta del nome di lei, il principe Eric ne acquisisce il possesso, conoscere il vero nome delle cose costituisce difatti un tòpos della letteratura, che ha radici profonde risalenti a testi antichi, come la Genesi, in essa viene descritto il momento in cui Dio affida all’uomo il compito nominare tutte le creature, questo atto simboleggia l’esercizio della conoscenza e del potere sulle cose.[13] È un tema molto frequente anche nelle fiabe, come in Tremotino (Rumpelstilzchen)[14] in cui la regina per salvare il proprio bambino, che doveva consegnare al nano come pagamento per un patto stretto con lui, deve indovinarne il vero nome.
La figura della nonna sostituisce la madre nell’educazione della piccola sirena e delle sue sorelle, è una donna fiera, saggia, di sani principi e portatrice dei valori della tradizione. In questo caso a differenza della vecchia signora che si prese cura di Karen, protagonista di Scarpe rosse[15], la nonna della sirenetta rappresenta la forza del senex usata sia positivamente che negativamente. Difatti, se da un lato non impedisce alle nipoti di salire in superficie, come invece re Tritone vieta ad Ariel, anzi le prepara per questa esperienza, poiché ritenuta un rito di iniziazione, che, al compimento dei quindici anni, sono spinte a fare tutte le sirene per conoscere il mondo e per determinare il passaggio all’età adulta, dall’altro lato non è entusiasta dello spirito ribelle della nipote minore, che vorrebbe essere umana per poter possedere un’anima immortale, la sua saggezza nasconde il cinismo attraverso il quale osserva la vita:
“Accontentiamoci" disse la vecchia, "possiamo saltare e correre per i trecento anni che abbiamo da vivere, è un bel po’ di tempo, poi si potrà con tanto maggior piacere riposare nella tomba. Stasera ci sarà un ballo a corte!”[16]
La nonna si oppone ai sentimenti della fanciulla, al suo bramare una vita immortale e alla nostalgia per un mondo che non è il suo, frenando il suo impeto innovativo con la forza della tradizione.[17] Nonostante la differenza di opinioni è alla nonna che la ragazza si confida chiedendo informazioni sul “mondo di sopra”, la domanda più importante riguarda appunto la scoperta di cosa accade all’uomo dopo la sua morte. [18]
“Se gli uomini non affogano" chiese la sirenetta, "possono vivere per sempre, non muoiono come noi quaggiù nel mare?”.
“Sì invece!” disse la vecchia. “Anch’essi devono morire, e la loro vita è persino più breve della nostra. Noi possiamo arrivare a trecento anni, però quando smettiamo di esistere qui, diventiamo schiuma sull’acqua, non abbiamo nemmeno una tomba quaggiù fra i nostri cari. Noi non abbiamo un’anima immortale, non avremo più vita, siamo come il giunco verde che una volta tagliato non può più rinverdire! Gli uomini invece hanno un’anima che vive per sempre, vive dopo che il corpo è diventato terra; sale attraverso l’aria trasparente fino alle stelle scintillanti! Come noi saliamo dal mare e vediamo i paesi degli uomini, così essi ascendono a splendidi luoghi sconosciuti, quelli che noi non vedremo mai”.[19]
La nonna nella versione animata viene completamente eliminata e sostituita in parte dalla presenza del padre e dai piccoli amici-aiutanti di Ariel: Flounder il pesce, Sebastian il granchio e Scuttle il gabbiano. Quest’ultimi colmano anche la mancanza di un legame forte con le sorelle, che invece nella fiaba di Andersen è molto sottolineato, tanto che sacrificano i loro lunghi capelli, che insieme alla voce incantevole sono le caratteristiche principali di tutte le sirene della letteratura, per poter salvare la loro sorellina.[20] Nel film, quindi, la nonna è stata eliminata e le sorelle perdono la loro importanza, restando a margine della storia, perché la Disney si ispira alle fiabe della tradizione orale, in cui viene eliminata la presenza di altre figure femminili positive, poiché tra membri dello stesso sesso si crea sempre competizione.[21] Sempre per questo motivo risulta fondamentale eliminare dalla vicenda la ragazza che nella fiaba originale trova il principe sulla spiaggia e che poi diventa sua moglie, del resto la sua presenza sarebbe un ostacolo per il raggiungimento del lieto fine con il matrimonio tra Ariel ed Eric.[22]
Inoltre, in seguito a questa scelta narrativa e al fatto che la fiaba popolare si concentra su personaggi tipici, o completamente buoni o completamente cattivi, la Disney è costretta ad inserire un antagonista, in modo da rendere la storia chiara e semplice. Ursula, la strega del mare, essendo una donna, si oppone subito alla figura dell’eroina e rappresenta il nemico per antonomasia; grazie alla mancanza di altre figure femminili, troneggia su tutti gli altri personaggi, dando prova di essere veramente perfida e vendicativa.
Ursula, la cattiva disneyana
Nell’originale, invece, non esiste un nemico identificabile, persino la strega, pur essendo un personaggio ambiguo e cattivo, non si oppone ai desideri della protagonista, né le impedisce di raggiungere il suo scopo, il fallimento è già iscritto nelle aspirazioni della Sirenetta che sono al di là delle sue possibilità.[23]
Mentre nella fiaba di Andersen la presenza del re passa del tutto inosservata, nel lungometraggio viene rappresentato come un padre bonario e geloso della figlia più piccola, come tutti i padri dei cartoons della Disney, nonostante ciò Ariel con il suo carattere ribelle riesce a farlo infuriare, perché combatte per il suo amore; [24] rappresentando così i classici contrasti che regolano la relazione tra genitori e figli, in cui i bambini e gli adolescenti possono riconoscersi facilmente.[25]
Come vediamo riguardo a Karen di Scarpe rosse, gli episodi brutali nelle fiabe sono frequenti quando il protagonista non riesce a completare una trasformazione;[26] nel caso della Sirenetta, la protagonista fallisce nell’intento di conquistare una vita immortale, il suo obiettivo si rivela impossibile da realizzare poiché rappresenta una violazione delle regole, persino di quelle letterarie. Difatti, in letteratura sono frequenti i viaggi verso il regno dei morti, ma quello che opera l’eroina della fiaba è un percorso inverso, poiché parte dal suo mondo, luogo in cui gli uomini giacciono senza vita, quindi quello dei morti, per raggiungere il mondo degli esseri umani, cioè dei vivi, per conquistare un’anima immortale.[27] Un altro particolare simile a quello di Scarpe rosse è la presenza del dolore, difatti nelle fiabe popolari e in altri racconti folklorici quando uno dei personaggi viene ferito non viene descritto il dolore che prova, mentre la piccola sirena prova dolore ogni volta che poggia i piedi a terra:
A ogni passo che muoveva, come la strega le aveva predetto, era come se calpestasse punte aguzze e coltelli affilati, ma lo sopportò volentieri.
(…) Lei si arrampicò col principe sulle alte montagne, e anche se i suoi sottili piedi sanguinavano al punto che gli altri potevano vederlo, lei si limitò a riderne e lo seguì finché non videro le nuvole navigare sotto di loro come se fosse uno stormo d’uccelli che migrava verso paesi stranieri.[28]
Nel lungometraggio Disney naturalmente tutto ciò sparisce e a parte un lieve incespicare di Ariel sulle sue nuove gambe, non si nota nulla che possa far pensare che provi un dolore indicibile ad ogni passo che compie.[29] Inoltre, in visione di un lieto finale e di accontentare un pubblico ampio, viene eliminata la malinconia propria della protagonista e ogni riferimento metafisico, elementi invece basilari nella fiaba danese.[30]

Altre versioni video
Oltre alla versione Disney questa famosa fiaba è stata fonte di ispirazione per molti altri cartoni animati e alcuni rispecchiano l’originale meglio di altri. Per esempio il cartoon russo La Piccola Sirenetta del programma televisivo “Storie della mia infanzia” del 1968 si rivela essere molto simile all’originale, comprende infatti il motivo religioso della ricerca dell’anima e del corpo immortali, il dolore ai piedi come se camminasse su “affilate lame di rasoio, da sopportare in silenzio” e il finale tragico, solo che al posto di diventare una “sorella dell’aria” la sirenetta si trasforma in una “sorella del sole”;[31] mentre altre due versioni, una americana e l’altra giapponese, si allontanano molto dalla fiaba di Andersen e, come nella Disney, ogni personaggio possiede un nome e la malinconia della sirenetta viene eliminata a favore di un finale lieto.[32]
L’ascensione della piccola sirena avviene in modi diversi, a seconda della scelta se inserire il tema religioso e quanto attingere all’originale. In uno assume la forma di tante bolle di sapone multicolori, testimoniando la lontananza dal messaggio metafisico della fiaba di Andersen;[33] in un altro sale al cielo sotto forma di angelo, ma pare essere solo una convenzione per evitare un finale troppo amaro, del resto le alette di cui è provvista sono ridicole e in vita non aveva mai desiderato un’anima immortale, ma solo di poter sposare il principe;[34] nel cartone russo citato in precedenza, invece, diventa una “sorella del sole”, ma è la voce narrante ad annunciarlo, perché essendo uno spirito si è scelto di non rappresentarla visivamente; in un’ulteriore versione viene trasformata in un’anima-fata per il suo cuore puro, piange lacrime di gioia e si unisce alle sorelle dell’aria.[35]
Come sappiamo, quando si procede a modificare un testo bisogna fare attenzione, perché si rischia di togliere parti fondamentali all’originale e mantenerne altre che non mantengono più lo stesso significato anche dal punto di vista psicologico, e che possano rendere il bambino ansioso.[36] Questo errore si presenta nel cartone giapponese della Toei Animation e della Fuji TV,[37] in cui viene rappresentato il dolore che la sirenetta prova nel compiere ogni passo, descritto dalla strega come se la stessero colpendo con cento coltelli contemporaneamente; esso è il simbolo della perdita della libertà e della mobilità, ma unito al lieto fine impedisce al tema della sofferenza di fare il suo corso, cioè di educare le donne a non compiere gli stessi sbagli della protagonista, o anche loro perderanno i piedi e saranno prigioniere per sempre; difatti, il dolore preannuncia la catastrofe finale, ma quando questa non si presenta la sofferenza non ha un motivo valido per essere rappresentata.[38]
Infine si può notare come la figura della nonna venga spesso eliminata, ma nei cartoni animati in cui viene rappresentata esercita la forza del senex sempre in modo positivo, spingendo la nipote a compiere il rito di passaggio e raccomandandole di stare attenta. In particolare nel cartone dello studio di animazione giapponese Toei Animation del 1975 ritroviamo questo potere tipico degli anziani diviso in due personaggi differenti, il padre raffigura la forza impiegata in modo negativo, mentre la nonna la utilizza positivamente per educare le sirenette, mentre nella fiaba di Andersen il padre non era presente e l’anziana assumeva entrambe le funzioni. Nel cartone la nonna elogia la nipote minore per aver salvato il principe dal naufragio e decide di non punirla, anzi di anticipare il rito di iniziazione perché si è dimostrata pura e coraggiosa, mentre il padre vorrebbe imporle un castigo, ma il volere dell’anziana prevale sulla sua.[39]

Fonti:
[1] H. C. Andersen, Fiabe e storie, cit., pp. 56-74 
[2] C. I. Salviati, Raccontare destini. La fiaba come materia prima dell’immaginario di ieri e di oggi, Einaudi Ragazzi, San Dorligo della Valle (TS), 2002, p. 71 
[3] Walt Disney Pictures, Walt Disney Feature Animation, The Little Mermaid, directed by J. Musker and R. Clements, distributed by Buena Vista Pictures Animation, 1989 
[4] C. I. Salviati, Raccontare destini, cit., p. 75 
[5] R. Bendix, Seashell Bra and Happy End. Disney’s transformations of “The Little Mermaid”, in “Fabula. Journal of Folktale Studies”, 34/3-4, 1993, p. 280 
[6] Ibidem, p. 282 
[7] C. I. Salviati, Raccontare destini, cit., p. 74 
[8] H. C. Andersen, Fiabe e storie, cit., pp. 73-74 
[9] La doppia “L” del nome è probabilmente dovuta al fatto di voler distanziare il film dalla marca di detergenti “Ariel”; R. Bendix, Seashell Bra and Happy End, cit., p. 280 
[10] Ibidem, p. 280 
[11] Walt Disney Company, Sleeping Beauty, distributed by Buena Vista Home Video, Burbank, 1959 
[12] Walt Disney Company, Snow White and the Seven Dwarfs, distributed by Buena Vista Home Video, Burbank, 1937 
[13] Genesi, 2, 19-20; C. P. Estés, Donne che corrono coi lupi, cit., p. 111 
[14] J. und W. Grimm, Kinder- und Hausmärchen, Kassel, 1812 
[15] H. C. Andersen, Fiabe e storie, cit., pp. 261-265 
[16] Ibidem, p. 65 
[17] R. Filippetti, Educare con le fiabe, cit., p. 27 
[18] C. I. Salviati, Raccontare destini, cit., pp. 79,80 
[19] H. C. Andersen, Fiabe e storie, cit., p. 65 
[20] R. Bendix, Seashell Bra and Happy End, cit., p. 285 
[21] B. Bettelheim, Il mondo incantato, cit., p. 231 
[22] R. Bendix, Seashell Bra and Happy End, cit., p. 285 
[23] C. I. Salviati, Raccontare destini, cit., p.83 
[24] Ibidem, p. 83 
[25] R. Bendix, Seashell Bra and Happy End, cit., p. 286 
[26] C. P. Estés, Donne che corrono coi lupi, cit., p. 226 
[27] C. I. Salviati, Raccontare destini, p. 80 
[28] H. C. Andersen, Fiabe e storie, cit., p. 69 
[29] R. Bendix, Seashell Bra and Happy End, cit., p. 283 
[30] C. I. Salviati, Raccontare destini, p. 81 
[31] La Piccola Sirenetta, “Storie della mia infanzia”, di M. N. Baryšnikov, Soyuzmultfilm, 1968 
[32] The Little Mermaid, American Film Investment Corporation, produced by D. Eskenazi, 1992; La Sirenetta, “Le fiabe più belle”, Toei Animation e Fuji TV, 1994 
[33] La Sirenetta, “Fantastimondo”, Toei Animation, 1975 
[34] La Sirenetta, “Il Castello delle Fiabe”, Armando Curcio Editore, 1991 
[35] The Little Mermaid, “Hans Christian Andersen Animated Video Classics”, Reader's Digest Young Families, 2003 
[36] A. R. Turkel, From Victim to Heroine: Children’s Stories Revisited, in “Journal of The American Academy of Psychoanalysis”, 30(1), 2002, p. 72 
[37] La Sirenetta, “Le fiabe più belle”, cit. 
[38] C. P. Estés, Donne che corrono coi lupi, cit., p. 227 
[39] La Sirenetta, “Fantastimondo”, cit.

Commenti

  1. Bellissimo articolo, interessante come sempre.
    E' vero che ormai si tendono a considerare canoniche le versioni della Disney (immagina quindi che potere ha saputo esercitare, magari senza nemmeno volerlo...) però nessuno cancella le storie per come nascono.

    Diciamo che forse la rilettura che ne fa la Disney (o chi per lei) è più adatta al mondo americanocentrico odierno, rispetto all'europeismo di duecento anni fa. In sostanza, è come se la fiaba si trasformasse per continuare a parlare, a insegnare...

    Moz-

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    1. Grazie caro Moz, merito a Giulia Oddini! Io sono legata tanto ma tanto alla vecchia Europa; certo la cultura americana dà la sua impronta positiva a queste fiabe (però rimango "tradizionale"). Dipende sempre da come vogliamo leggere le fiabe: se le leggiamo in chiave psicologica è naturale che cambiano in base al tempo, se le leggiamo in chiave simbolica, allora il cambiamento è più impercettibile. Grazie mille per il commento :)

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    2. Grazie mille Moz! Io volevo far presente che con i cartoni animati si tende ad eliminare i messaggi più nascosti delle fiabe, le quali si stanno sempre più trasformando in una mera forma di intrattenimento che ci inganna e ci fa desiderare di essere il protagonista e di vivere una "vita da favola"... Con il senno di poi, cioè dopo aver letto l'originale, chi vorrebbe essere nei panni della sirenetta o di Biancaneve?

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  2. Bellissimo questo articolo, attendo i successivi con entusiasmo *_*
    Seppure i cartoni Disney abbiano il loro fascino, ci ricordano la magia dell'infanzia, e gli anime giapponesi e la versione russa (che so di aver visto secoli fa) siano probabilmente frutto di una commistione tra culture, è innegabile che la rielaborazione per trasformare la fiaba in un prodotto anche visivo determini una "perdita" della ricchezza originaria.
    Penso che il vero peccato sia non leggere le versioni originali, ma non solo ai bambini...
    Complimenti a Giulia ^^

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  3. Grazie mille per i complimenti!! Capisco che da genitore leggere ai propri figli delle fiabe con un finale triste sia difficile, quindi suggerirei di leggergliele quando sono già grandicelli, oppure di fare una sera una fiaba a lieto fine e quella seguente una "negativa"; in questo modo possono decidere (anche se in realtà avviene tutto a livello inconscio, quindi non si tratta di una vera scelta) quale fiaba si addice di più a loro e quale insegnamento trarre da ciascuna.

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