Fiaba, mito e filosofia (seconda parte)

Seconda ed ultima parte dell'articolo Filosofia e mondo incantato. Far filosofare i bambini, gentilmente concesso dall'autrice Rita Gherghi

Come accennato nella prima parte dell'articolo, i bambini devono essere aiutati ad elaborare il lutto, anzi devono esserne messi al corrente già prima di una loro eventuale esperienza. Per l’elaborazione del lutto i piccoli hanno bisogno di una persona fidata che si occupi di loro con totale disponibilità e affetto. Hanno molto bisogno di informazioni  chiare ed esaustive sulla morte, informazioni che non travisino e non camuffino quanto accaduto o che può accadere. Devono essere incoraggiati ad unirsi al lutto familiare. Soffrire-cum è una delle più notevoli esperienze di crescita; la solitudine reca solo problemi.
Il mare del cielo di Cosetta Zanotti
Per esempio, uno dei libri, cui prima si faceva cenno, è intitolato “Il mare del cielo” e racconta la storia di un pesciolino di nome Lino. Il libro rappresenta un mondo di pesci, animali che però, come accade in tutte la favole, hanno una vita e sentimenti uguali a quelli degli uomini. Quindi Lino è come un bambino. Lui vive con la sua famiglia nel mare d’acqua, ma è molto incuriosito al mare del cielo dove, come gli ha raccontato il suo papà, sono andati a nuotare molti pesci, tra i quali anche il signor Tonno, un amico di Lino. In quel mare lassù, popolato di luci e di stelle, non ci si può andare quando si vuole ma solo se siamo chiamati e per quella chiamata ci sarà “il gabbiano del vento” che accompagnerà ogni creatura marina in quel viaggio fino al mare del cielo; questo ha raccontato la mamma a Lino. Ora capite che al bambino viene spiegato come i due mondi, mare d’acqua e mare del cielo, sono speculari: la vita e la morte, come facce di un unico mare. La vita si accende nell’acqua illuminata da una stella del cielo e così anche quest’ultima si accende come un fascio di luce che parte dall’acqua. Già da quel poco che ho detto, capite ciò che accadrà a Lino quando morirà il suo papà; Lino è stato preparato da un’educazione appropriata, da chi sapeva trovare le giuste parole per dirlo. Lino sperimenterà il dolore ma pure la certezza di una ricongiunzione e non solo quella. Le stelle che popolano il cielo saranno per lui l’amico caro o il papà, con i quali Lino potrà mantenere un dialogo interiore, ma vivo. La relazione continuerà in altro modo, ma sarà comunque una relazione viva e reale, non un inganno. Elaborare o meno un lutto porta conseguenze completamente diverse: nel primo caso assistiamo ad un effetto che rimette il giovane nella dinamica e nel gioco della vita perché lo porta ad un mutamento creativo. Il secondo porta invece ad un invischiamento nel processo del lutto e, perciò, conduce ad un lutto cronico e al non superamento della seconda fase, nella quale si trovano, oltre alla rabbia, i sensi di colpa: sensi di colpa perché a volte il giovane pensa che i suoi comportamenti negativi (già definiti “cattivi”) abbiano provocato la morte. Le favole ed i racconti appositi giocano a tal fine un ruolo essenziale.
Gli insegnamenti delle favole e delle fiabe riguardano le problematiche e le domande più disparate; vedi, ad esempio, la favola di Esopo “La cicala e la formica”, la quale insegna quanto sia importante per l’uomo proiettarsi verso il futuro. Ma anche la fiaba dei “Tre porcellini”, se spiegata in modo adeguato, fa comprendere al bambino che dobbiamo essere previdenti, allontanare la pigrizia per vincere su eventuali nemici o superare date difficoltà. Ma nella fiaba c’è ancora di più: essa insegna anche il progresso umano, simboleggiato dal fatto che il primo porcellino costruisce una baracca, poi il secondo una casa di legno e il terzo infine una solida casa di mattoni molto più resistente agli attacchi del “lupo”. Sapere e previdenza sono doti fondamentali che il bimbo deve imparare a fare propri. Se facilitato, il bambino capirà da sé il senso della fiaba e, attraverso un dialogo costruttivo con l’adulto, potrà riflettere sopra a quei significati.
“Cappuccetto rosso” mette le bambine di fronte al pericolo di eventuali seduttori che potrebbero attirarle in giochi sessuali distruttivi. Riflettendo sulla fiaba, la bimba diventerà più consapevole e prudente, fino a rendersi conto che il pericolo può venire dalla stessa parentela, dato che il lupo ha preso le sembianze della nonna.

Così “Hansel e Gretel”, oltre ad insegnare che il pericolo è spesso in agguato, aggiunge che è sempre bene usare l’ingegno per tirarsi fuori dai guai.
In questo modo le storie fantastiche parlano ai bambini nel linguaggio per loro proprio, danno risposte ai loro interrogativi, li aiutano a superare le paure e le ingenuità, a crescere e diventare uomini.
E questo è, appunto, anche il ruolo della filosofia che, non solo i bambini, ma anche tanti adulti purtroppo non riescono a comprendere per l’incapacità di entrare in un linguaggio logico - astratto, il che il più delle volte è dovuto a pigrizia mentale e a superficialità. Come del resto ci sono tanti adulti che ancora non hanno compreso il vero messaggio nascosto nelle favole e nelle fiabe. Per esempio ben pochi adulti sanno che l’opera di Antoine De Saint - Exùpery, “Il piccolo principe”, è in realtà un racconto per grandi e non per piccoli, racconto dal quale potrebbero imparare a comprendere meglio i propri figli e ad eliminare quel vizio loro proprio che consiste nel non arrivare a comprendere ciò che non corrisponde ad un calcolo.
Aggiungo che il dialogo sulle fiabe favorisce l’alfabetizzazione emotiva, di cui oggi c’è un grande bisogno. Essa consiste nell’insegnare a riconoscere le proprie ed altrui emozioni, imparare ad esprimerle e gestirle. Il mondo oggi non lo sa fare.  
Nella società post-moderna, caratterizzata dall’efficienza, dalla competizione e da un eccessivo pragmatismo, è presente, infatti, molta poca cura dell’alfabetizzazione emotiva. Addirittura si sente dire che i sentimenti possono renderci deboli. Si perde sempre di più la capacità di farci domande, sia a se stessi sia di fronte all’altro, come “cosa sento?” o “quale emozione sto vivendo?”. Se lo dite in giro rischiate che vi prendono per matto o vi guardano come se proveniste da un altro pianeta o vi rispondono che è tutto una perdita di tempo, la vita è ben altro. E tali domande sono sostituite da quelle molto più pragmatiche, quali “a cosa mi serve questo?” o “a cosa mi è utile questa cosa o questa persona …?”… Beh … aggiungo un altro concetto: nella storia ci sono state grandi campagne di alfabetizzazione per rendere ogni cittadino capace di leggere e scrivere al fine di esercitare al meglio il suo diritto-dovere di cittadinanza; ma oggi alla stessa maniera emerge sempre più il bisogno di alfabetizzare alle emozioni, alle relazioni e alle esperienze di incontro per migliorare la qualità della vita. Tale campagna di alfabetizzazione ha pari importanza nei percorsi scolastici della capacità di usare un computer, di leggere e scrivere, di far di conto o imparare una qualunque lingua. Infatti, sentire le emozioni, viverle ed elaborale ci rimanda alla relazione. Al contrario di quanto si sente dire, il sentimento, che è frutto dell’elaborazione delle emozioni, non è languore né perdita di tempo; il sentimento è forza, come forza è la relazione. E’ ora di abbandonare la narcisistica autosufficienza e l’indifferenza verso l’altro; è ora piuttosto di ampliare e favorire la consapevolezza e l’empatia, di sentire finalmente le proprie emozioni e quelle altrui.
Dell’importanza di trasmettere concetti filosofici in modo semplice era ben consapevole lo stesso Platone (428 - 347 circa), che non a caso spiegò il suo articolato sistema servendosi di miti da lui stesso creati. E’ scritto, infatti, nel “Simposio”: “Sarebbe bello, Agatone, se la sapienza fosse in modo da scorrere, se ci tocchiamo l’un l’altro, da chi di noi ne è più pieno a che ne è più vuoto, così come nelle coppe l’acqua scorre attraverso il filo di lana, dalle più piene alla più vuote”. Ma non è così facile! Troppe situazioni impediscono questo facile scorrere. Ecco perché il ricorso ai miti, alle narrazioni fantastiche, alle parabole e alle allegorie; tutto così diventa più semplice. Ma la sostanza è la stessa.
Dunque possiamo concludere che non c’è una vera subordinazione della narrazione fantastica  a quello che si definisce il Lògos ( = pensiero); favola, mito e filosofia sono strettamente legati e insieme concorrono alla crescita umana. La narrazione di una favola e di un mito è pensiero ( = Lògos) e non una semplice rappresentazione di immagini più o meno fantasiose, come la filosofia è anche un piacere letterario, oltre ad essere un pensiero (= Lògos) responsabile, logico e sistematico.

Commenti

  1. Bellissimo discorso, davvero!
    E la citazione de "Il piccolo principe" mi ha fatto molto piacere perché è un libro che andrebbe letto per tutta la vita (e che non si arriverà mai a capire del tutto!).
    Affrontare temi delicati con i bambini è sempre un problema, ma non si può risolverlo "non affrontandolo".
    Per gli adulti, ma che si può anche riadattare per i bambini, io consiglio "Oscar e la dama in rosa".

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