Il Grillo Parlante (seconda parte)
Siamo nel capitolo IV delle Avventure di Pinocchio, quando il burattino incontra il Grillo parlante. Pinocchio è appena nato ma ha già disubbidito al povero Geppetto, facendolo per il suo comportamento addirittura arrestare, si è allontanato da casa come un piccolo vagabondo; dopo tutto ciò è necessario che gli venga data una coscienza. Ma è di legno il nostro burattino, non ha un animo, ha piuttosto un temperamento, dove poter collocare la sua coscienza? I suoi pensieri più interiori? In qualcosa o qualcuno di esterno: un Grillo Parlante, appunto.Giunto dinanzi a casa, trovò l’uscio di strada socchiuso. Lo spinse, entrò dentro, e appena ebbe messo tanto di paletto, si gettò a sedere per terra, lasciando andare un gran sospirone di contentezza.Ma quella contentezza durò poco, perché sentì nella stanza qualcuno che fece:– Crì - crì - crì!
Pinocchio e il Grillo Parlante di Alessandra Liberato (sito personale) |
Pinocchio è contento di essere tornato a casa ma quella contentezza è interrotta dalla sua coscienza che si presenta con un cri-cri. E’ forse quello che noi chiamiamo “campanellino d’allarme” che a volte, in un momento di contentezza, come per il nostro Pinocchio, suona dentro di noi, avvertendoci che forse non è il caso o non meritiamo questa contentezza o tranquillità. Come mettere a tacere questa coscienza? Pinocchio lo fa con un colpo di martello che lancia contro il Grillo, colpendolo e uccidendolo.
– Io sono il Grillo-parlante, ed abito in questa stanza da più di cent’anni.– Oggi però questa stanza è mia, – disse il burattino, – e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarti indietro.
Il Grillo ha sempre vissuto in quella casa, da solo o con Geppetto che però ha una sua coscienza, quindi possiamo pensare che, fino ad allora, il Grillo era osservatore muto della vita umile e laboriosa del falegname Geppetto. Pinocchio non è disposto a condividere la stessa stanza con la sua coscienza, la vuole mandare fuori casa e senza che questa si volti indietro, ossia senza guardarlo in faccia. Uno specchio che, con vergogna, potrebbe riflettere i suoi comportamenti da indisciplinato burattino.
– Io non me ne anderò di qui, – rispose il Grillo, – se prima non ti avrò detto una gran verità.– Dimmela e spìcciati.– Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori e che abbandonano capricciosamente la casa paterna! Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.– Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola e per amore o per forza mi toccherà studiare; e io, a dirtela in confidenza, di studiare non ne ho punto voglia e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.– Povero grullerello! Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro e che tutti si piglieranno gioco di te?– Chétati. Grillaccio del mal’augurio! – gridò Pinocchio.Ma il Grillo, che era paziente e filosofo, invece di aversi a male di questa impertinenza, continuò con lo stesso tono di voce:– E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane?– Vuoi che te lo dica? – replicò Pinocchio, che cominciava a perdere la pazienza. – Fra tutti i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo, che veramente mi vada a genio.– E questo mestiere sarebbe?...– Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.– Per tua regola, – disse il Grillo-parlante con la sua solita calma, – tutti quelli che fanno codesto mestiere finiscono sempre allo spedale o in prigione.– Bada, Grillaccio del mal’augurio!... se mi monta la bizza, guai a te!– Povero Pinocchio! Mi fai proprio compassione!...– Perché ti faccio compassione?– Perché sei un burattino e, quel che è peggio, perché hai la testa di legno.A queste ultime parole, Pinocchio saltò su tutt’infuriato e preso sul banco un martello di legno lo scagliò contro il Grillo-parlante.Forse non credeva nemmeno di colpirlo: ma disgraziatamente lo colse per l’appunto nel capo, tanto che il povero Grillo ebbe appena il fiato di fare crì - crì - crì, e poi rimase lì stecchito e appiccicato alla parete.
Di fronte alla “gran verità” del Grillo, Pinocchio ha fretta, nessuna voglia di ascoltarla né tantomeno di seguirla. Più il Grillo predica e predice il nefasto futuro di Pinocchio e più la sua rabbia aumenta e il Grillo diventa Grillaccio del mal’augurio. Meglio non sentire, meglio ucciderlo.
di Marta Farina (sito personale) Entrambe le immagini qui inserite hanno partecipato al Concorso per Anniversario Pinocchio |
Nei capitoli successivi Pinocchio nominerà due volte il Grillo Parlante e lo farà entrambe le volte in preda alle lacrime e al rimorso:
- Il Grillo-parlante aveva ragione. Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa...-
O quando, ritrovando il padre Geppetto, gli racconterà tutte le sue disavventure che il Grillo gli aveva predetto dicendo “Te sei un burattino e hai la testa di legno” Pinocchio comincia a piangere e a urlare così forte, “che lo sentivano da cinque chilometri lontano”. E’ il Grillo Parlante che, benchè morto, comincia a riaffiorare nell’animo di Pinocchio pentito.
Eh sì, quella del grillo parlante è una delle più belle invenzioni di Collodi, che pure ne ha avute tante! Hai giustamente osservato che nel caso di Pinocchio la coscienza è al di fuori di lui, cioè in altre parole il burattino-bambino non ha ancora "metabolizzato" le regole del Super-Io, che vede ancora come costrizioni imposte dall'esterno che non gli appartengono minimamente. Fa tacere il buon grilletto, e proprio da lì cominciano i guai...
RispondiEliminaIl capitolo in cui compare il Grillo Parlante è il mio preferito de "Le avventure di Pinocchio", da tempo ho in mente di farne una lettura per il blog. Prima o poi, chissà...
RispondiElimina"Cri-cri-cri"... Crisi (attingendo alla psicolinguistica). La crisi generata da una coscienza riluttante a trasformarsi in consapevolezza..
RispondiEliminaInteressante interpretazione. Grazie!
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