A oriente del sole e ad occidente della luna

A oriente del sole e a occidente della luna è una fiaba classica della Norvegia, raccolta dallo scrittore e studioso di folclore Peter Abjornesen (1812-1855) e dal vescovo ed esperto di teologia Jorgen Engerbrestsen Moe (1813-1882), considerati i “Grimm della Norvegia”.
“Un giovedì sera alla fine dell’autunno”, un grosso orso bianco bussa alla casa di un contadino molto povero e con una famiglia molto numerosa. Chiede di portare con sé la bella figlia minore con la promessa di donare grandi ricchezze a tutta la famiglia. Il contadino, ascoltata la figlia, la consegnerà all'orso. A cavallo dell’orso, la ragazza arriverà in uno splendido palazzo, dove viene servita e trattata con premura. Ogni sera, dopo che si è coricata, qualcuno la raggiunge nella sua stanza e dorme accanto a lei, ma se ne va prima dell’imbrunire e lei non può vederlo in volto. Quando un giorno, la fanciulla è condotta a far visita ai genitori e ai fratelli, la madre le consiglia di verificare che non sia un troll quello che la raggiunge ogni notte. Benché l’orso l’abbia messa in guardia contro i consigli materni, la notte successiva lei illumina con una candela l’uomo addormentato, un uomo tanto attraente che non può fare a meno di baciarlo, ma alcune gocce di cera gli cadono addosso e lo svegliano. Deluso, le svela che se solo avesse atteso un anno l’incantesimo che lo trasformava in orso di giorno si sarebbe rotto. Ora invece, è condannato a sposare la figlia della sua matrigna troll. La ragazza non può trattenerlo, le è concesso solo di cercarlo “ a oriente del sole e a occidente della luna, e lei non sarebbe mai arrivata”. A questo punto inizia la ricerca per amore: “Dopo essersi stropicciata gli occhi e aver pianto a lungo, si mise in marcia e camminò per molti, molti giorni, finché…” incontra, una dopo l’altra, tre vecchie donne che le donano rispettivamente una mela d’oro, un arcolaio d’oro e una conocchia d’oro. Chiederà aiuto ai venti che la mandano dall'uno all'altro l’uno all’altro e la conducono per un tratto del suo viaggio verso il luogo impossibile – perché quale mai può essere il posto a est del sole e a ovest della luna? Dopo il vento dell’est, quello dell’ovest e quello del sud, è il più forte e anziano vento del nord che conosce quel luogo. Così, la ragazza trova il palazzo arriva al palazzo dove si trovano il principe e la sua promessa sposa troll, la quale, incuriosita dagli oggetti dorati dono delle tre vecchie, baratta una notte con il principe per ciascuno di essi pur di averli. Furba, però, dà al giovane un potente sonnifero; così, durante le prime due notti, la ragazza non riesce a svegliarlo e farsi riconoscere. Solo la terza notte ci riuscirà perché lui viene avvisato da un gruppo di prigionieri cristiani. Il resto è presto detto e la conclusione della fiaba corre per poche righe. Come da tradizione, il principe mette alla prova la sua futura sposa: deve lavare proprio la camicia sporca di cera. La principessa troll naturalmente è maldestra e non ci riesce, e lei e sua madre scoppiano letteralmente dalla rabbia. Prima di andarsene, il principe e la sua sposa non dimenticano di liberare i cristiani prigionieri. (la trama completa)
La cognizione del tempo nei Paesi nordici è sicuramente diversa da quella dei Paesi dell’area mediterranea, la luce del giorno e il buio della notte sono diversi e, di conseguenza, questo si rispecchia nella cultura popolare. Plinio il Vecchio nella sua Storia Naturale dice a proposito di Tule (isola identificata a volte con parte della Groenlandia a volte con l’Islanda) così descrive quei luoghi:
Libro II, 186-187Così succede che, per l’accrescimento variabile delle giornate, a Meroe il giorno più lungo comprende 12 ore equinoziali e 8/9 d’ora, ma ad Alessandria 14 ore, in Italia 15, 17 in Britannia, dove le chiare notti estive garantiscono senza incertezze quello che la scienza, del resto, impone di credere, e cioè che nei giorni del solstizio estivo, quando il sole si accosta di più al polo e la luce fa un giro più stretto, le terre soggiacenti hanno giorni ininterrotti di sei mesi, e altrettanto lunghe notti, quando il sole si è ritirato in direzione opposta, verso il solstizio di inverno. Pitea di Marsiglia scrive che questo accade nell’isola di Tule, che dista dalla Britannia sei giorni di navigazione verso nord; ma certuni lo attestano per Mona, distante circa 200 miglia dalla città britannica di Camaloduno.Libro IV, 88Si crede che in quel luogo siano i cardini del mondo e gli estremi limiti delle rivoluzioni delle stelle, con sei mesi di chiaro e un solo giorno senza sole; non, come hanno detto gl'inesperti, dall'equinozio di primavera fino all'autunno: per loro il sole sorge una volta all'anno, nel solstizio d'estate, e tramonta una volta, nel solstizio d'inverno.
Libro IV, 104A una giornata di navigazione da Tule c’è il mare solidificato, che taluni chiamano Cronio.
Luogo in cui la luce vi nasce e sembra non vi muoia mai completamente; un tramonto che non diventa mai notte. Anche l’inizio è decisamente insolito per una fiaba: tutto ha inizio un “giovedì sera". Alcuni studiosi sostengono che, essendo giovedì, il giorno dedicato al dio Thor e che Thor si manifesti sotto l’aspetto di un orso, abbia motivato la scelta di questo giorno “di mezzo”. Un giorno qualunque di fine autunno, ci troviamo così in un contesto banale, malinconico, di attesa di qualcos’altro, perché il tramonto non diventa mai notte.
Foto tratta da focus.it
Con questo tempo che porta all’attesa anche lo spazio sarà indeterminato: il castello che la fanciulla deve raggiungere è ad oriente del Sole e ad occidente della Luna, ossia, dovunque; oppure in un punto in cui Oriente ed Occidente si incontrano. Non esiste una strada che porti “dovunque” e la fanciulla dovrà chiedere aiuto ad altri personaggi, tra questi i venti del sud, dell’ovest, dell’est e per finire al vento del nord che riuscirà a portare la fanciulla al castello e ritrovare il suo “orso”. Il castello è abitato dai trolls che tengono prigioniero l’orso e altri cristiani, insieme ad immense ricchezze. In questo troviamo l’atavico conflitto tra divinità ed esseri infernali: l’orso nei paesi nordici è stato sempre venerato per la sua forza, riportato come simbolo araldico di famiglie o città come Berna o Berlino. I trolls sono figure dai tratti mostruosi come spesso, è mostruosa la loro personalità e la loro cattiveria.
Il tema delle nozze con l’animale, e quello della proibizione di vedere la metamorfosi dello sposo sono diffusi in tutto il mondo, questa fiaba, antecedente a Bella e la Bestia sembra riecheggiare un’epoca in cui alcuni animali rappresentavano divinità, e miti e leggende raccontavano storie d’amore tra dei e uomini mortali. Ma ancora prima dobbiamo pensare ad Amore e Psiche. Nella versione narrata da Apuleio, Psiche, essere mortale dalla bellezza pari solo a Venere, diventa sposa di Amore senza tuttavia sapere chi sia il marito, che le si presenta solo nell'oscurità della notte. Scoperta, su istigazione delle sorelle invidiose, la sua identità, è costretta, prima di potere ricongiungersi al suo divino consorte, a effettuare una serie di prove, al termine delle quali otterrà l'immortalità. 
Anche qui, come in Amore e Psiche, la parte centrale della fiaba è quella della ricerca. 
Lo sfondo di questa ricerca, di questo continuo errare è il paesaggio nordico caratterizzato dalle grandi distanze, tutto crea un’atmosfera di rarefazione, sospensione del tempo, solitudine e silenzio, in mezzo a tutto questo la fanciulla al galoppo su cavalli stregati, al galoppo sui quattro venti. La personificazione dei venti che divengono aiuto fondamentale per la fanciulla, è radicato nella mitologia di paesi caratterizzati dal mare da cui traggono sostentamento per il commercio e l’alimentazione. Ricordiamo, nella nostra cultura, la storia di Ulisse che reduce dalla guerra di Troia, approdò alle isole Eolie, Eolo lo ospitò e, commosso dal racconto dell’eroe greco, gli fece dono dell’otre di pelle dentro la quale erano rinchiusi i venti contrari alla navigazione. Con la sua saggezza, Ulisse fece soffiare solo il mite Zefiro ma mentre l’eroe dormiva, i compagni di navigazione, credendo che l’otre regalatale da Eolo fosse piena di tesori, l’aprirono liberandone i venti che scatenarono una terribile tempesta dalla quale si salvò solo la nave di Ulisse. I venti determinano la buona o cattiva riuscita di un’impresa.

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