Per una lettura iniziatica della fiaba è di notevole importanza prendere in esame il paesaggio poiché partecipa in modo attivo alla trasformazione dei protagonisti, anzi, per certi aspetti, è forse il principale artefice di questa evoluzione; raramente statico, il paesaggio accoglie e respinge, incanta e spaventa, svela e nasconde. Al di là delle molteplici varianti apportate dai Fratelli Grimm[1] e dell’ipotesi che la vicenda di Hansel e Gretel possa essere riconducibile ad un fatto di cronaca nera accaduto nel XVII secolo[2], la fiaba Hansel e Gretel presenta molti elementi collegabili a riti iniziatici.
Numerose opere letterarie narrano
di viaggi iniziatici in luoghi dal carattere mutevole o misterioso: per mare
(dal Libro di Giona alle Avventure di Pinocchio, passando per La Storia Vera di Luciano di Samosata.[3]);
nelle viscere della terra (dal mito di
Agharta al Viaggio al centro della terra
di Jules Verne); nemmeno la Luna si è sottratta dall’essere meta di questi
viaggi, (più fantastici che esoterici, in verità) e proprio nella Storia di Luciano troviamo la prima
narrazione di un viaggio lunare. Luoghi infiniti, non per la mancanza di
confini, ma per le sorprese che riservano con il continuo variare degli eventi;
l’incognito; quell’all’alternarsi di luci e ombre (buona e cattiva sorte) che
permettono ai protagonisti – e alla nostra mente - di vagare e viaggiare a
lungo. Altro elemento con queste caratteristiche è certamente il bosco,
protagonista di gran parte delle fiabe, luogo di nascondigli, di passaggi
sotterranei, di abbandoni e crudeltà. Gli abbandoni riguardano più
frequentemente i bambini, pratica che ha delle motivazioni socio economico (tra
queste le carestie che colpivano le popolazioni) ma spiegabile anche da un
punto di vista iniziatico. In questo bosco saranno abbandonati un fratello e
una sorella, Hansel e Gretel.
Appena rifocillati, i due fratellini cadono in un
sonno profondo, e, a questo punto i Grimm ci svelano che la vecchia “… era una maligna strega che rapiva i
bambini e che aveva costruito quella capanna appunto per attirarveli. Appena
essi erano in suo potere, li uccideva, li cucinava e se li mangiava con un
gusto da non dirsi.”[7]. Da
notare che i due bambini si trovano a letto ogni volta che il loro destino si
prospetta: nella casa paterna – ma sono svegli - mentre i genitori stanno
decidendo di abbandonarli nel bosco; dormono accanto al fuoco, mentre i
genitori si allontanano; e appunto, nella casa della strega, mentre vengono
spiegate la sua vera identità e le sue vere intenzioni. Sono sonni necessari,
brevi morti apparenti, dalle quali dovranno svegliarsi completamente per giungere
al risveglio ultimo e salvifico. Prima di giungere al vero risveglio ci saranno altri risvegli e così, per il momento, Hansel si risveglierà in una
gabbia stretta, chiuso dentro come un pollo da ingrassare, impossibilitato ad
agire se non con l’astuzia.
Dividendo in scene l’interazione dei bambini con il paesaggio, noto che la
fiaba ha questa possibile sequenza:
SCENA I: Casa (la casa paterna in cui ha inizio la storia) - Bosco (luogo dell’abbandono) - Fuoco (preparato dai genitori);
SCENA II: Bosco (dove i bambini vagano per 3 giorni) – Casa (della strega) – Fuoco (il forno);
SCENA I: Casa (la casa paterna in cui ha inizio la storia) - Bosco (luogo dell’abbandono) - Fuoco (preparato dai genitori);
SCENA II: Bosco (dove i bambini vagano per 3 giorni) – Casa (della strega) – Fuoco (il forno);
SCENA III: Bosco (del
ritorno) – Acqua (il fiume da attraversare) - Casa (ritorno all’origine).
Come vedremo in seguito, nel momento in cui, nella
scena finale, al fuoco si sostituisce l’acqua, sotto forma di fiume, la
rinascita dei due bambini sarà conclusa, la casa originaria si trasforma da
casa della fame che invita ad allontanarsi – anche se involontariamente - a
casa che accoglie una famiglia ricostituita e rinnovata.
![]() |
Illustrazione di Natascha Rosenberg, http://www.natascharosenberg.com |
La loro casa si trova proprio ai margini di un gran
bosco, sono sufficienti pochi passi “un
pezzetto di strada” e potranno addentrarsi nella boscaglia, dove le luci e
le ombre della vita sono ancora sconosciute ai due bambini. Hansel si volta a guardare
la casa, ma è visibile solo il tetto: il bambino è già lontano, non vede più la
base, le fondamenta dell’abitazione e la porta che sembra averlo chiuso fuori
per sempre. Il percorso con le sue prove ha inizio e non si può tornare
indietro se non continuando ad andare avanti. E’ una casa passiva, in attesa
che avvenga qualcosa, è la spettatrice muta delle vicende di Hansel e Gretel; posta
alla soglia del bosco, confine tra il mondo dei vivi e l’aldilà, la casa sembra
guardare i due bambini andare verso l’ignoto, verso quella che potrebbe davvero
essere la notte della morte.
A rischiarare la notte ci sono due luci, una fredda
e fissa, quella della Luna e una calda e viva, quella del fuoco acceso dai
genitori. La luna, simbolo femminile, e il fuoco, simbolo maschile,
sostituiscono la figura materna e paterna che in quel momento si sono
allontanate. Non c’è però corrispondenza tra i simboli e i due genitori: la
madre agisce ed è dominante, convince il marito ad abbandonare i figli, il padre
è, invece, una figura debole e passiva; i loro aspetti maschile e femminile,
quindi, non coincidono con il fuoco e la luna ma sembrano invertiti, non c’è equilibrio
simbolico, ma si stabilirà alla fine della fiaba quando i due bambini (maschio
e femmina) raggiungeranno le loro autonome individualità.
Così, Hansel e Gretel, abbandonati dalle persone
fisiche del padre e della madre, rimangono accuditi dalla natura capace di
essere madre e padre allo stesso tempo.
E’ in questo bosco, dominato dalle forze contrastanti
e complementari della natura, che si svolgono riti magici e, nelle culture più
antiche, i riti d’iniziazione: Quando i
bambini vengono portati nel bosco da qualcuno questo è sempre il padre o il
fratello. La madre non può farlo perché il posto nel quale si svolge il rito è
vietato alle donne. [4]
Forse non è un caso che in tutte le versioni della
fiaba, il fuoco venga acceso dal padre, ma sarà la madre a parlare, nel momento
in cui la fiamma si leva alta verso il cielo, ordinando ai bambini di sdraiarsi
e dormire.
[…]
Dobbiamo immaginare che non sempre i bambini erano accompagnati fino al luogo
sacro; talvolta venivano lasciati soli e dovevano trovare la capanna da sé.[5]
Già, la capanna, il luogo sacro di questo percorso
iniziatico attraverso il bosco; se non ci fosse la capanna, non ci sarebbe
iniziazione, l’ingresso nella vita adulta. La fiaba ha conservato tracce di quella
che veniva definita la “casa degli uomini”, tipica dell’ordinamento tribale e
di un’economia basata sulla caccia. Tale istituzione prevedeva che i giovani
maschi che avessero raggiunto la maturità sessuale non abitassero più nella
casa paterna, ma che si trasferissero in grandi case costruite appositamente
per gli uomini, all’interno della foresta, vivendo in comunità fino al
passaggio alla vita adulta.
Hansel e Gretel s’imbattono in una casetta di
“iniziazione”: una casetta di marzapane con i vetri di zucchero trasparente.
Esternamente ricca e invitante, ma dentro un vero antro pericoloso, abitata da
una famelica mangiatrice di bambini. Un nuovo inganno di cui sono vittime i due
fratellini. La casa paterna era la dimora della fame e della conseguente morte,
ma questa casetta ricoperta di cibo è anch’essa simbolo di morte, rappresenta l’accesso per il
regno dei morti. E la strega? La strega è il necessario legame con il mondo dei
morti, è colei che dovrà nutrire il defunto per il suo viaggio nell’aldilà,
poiché il morto deve essere nutrito: “Quasi universale e ben attestata nelle
aree subalterne e in quelle della civiltà antiche è la credenza che il morto, ridotto ad una condizione
umbratile e respinto in un mondo di fantasmi, continui ad essere perseguitato
dall’umano bisogno di alimentarsi e sostenersi, quasi ad evitare la finale
sparizione nell’indeterminato.”[6] Cibo
primario da offrire al defunto è il pane, forse lo stesso pane che la madre
consegna ad Hansel e Gretel, prossimi a intraprendere un viaggio verso il regno
dei morti.
![]() |
Illustrazione di Derek Stratton |
Durante la sua prigionia il bambino vive il suo memento mori, la gabbia, infatti, è
cosparsa dei resti del cibo che gli viene somministrato, sono resti costituiti
da ossa, lì a ricordargli ciò che lui, presto, potrebbe diventare. Ma, ciò che
dovrebbe intimorirlo, Hansel lo trasforma in un oggetto salvifico, con un
ossicino sostituisce il dito che la strega quotidianamente esamina per
accertarsi che il bambino stia ingrassando. Questa esibizione del dito sembra
ricollegabile al “sacrificio del dito”, ossia all’amputazione rituale cui era
sottoposto l’iniziato: “Il taglio del
dito veniva praticato dopo la circoncisione. Webster racconta a tale proposito:
<<Dopo la parziale guarigione essi si presentano davanti ad un uomo
mascherato che con un colpo di accetta asporta loro il mignolo della mano
sinistra…>>”[8]
Anche il forno che dovrà cuocere prima Hansel e poi
Gretel, rientra in una lettura iniziatica, pratica che riscontriamo tra gli
aborigeni australiani e, più vicino a noi, la troviamo documentata nelle fiabe
russe. Tra gli aborigeni australiani era uso, per sancire il passaggio dalla
fanciullezza all’età adulta, interrare il giovane fino a lasciare fuori solo la
testa; questa cavità è detta, appunto, la “stufa”. Altri due uomini,
accovacciati a terra, celebravano il rito della cottura del giovane dentro la
stufa. Giunto al termine della “cottura” il bambino era iniziaticamente morto
ed era nato l’adulto.
In una fiaba russa di Novgorod, un bambino viene
mandato a scuola dal “nonnino-del-bosco”. Qui le nipoti del nonno accendono la stufa,
dove il bambino verrà gettato per tre volte perchè solo alla terza volta quando
la stufa raggiunge l’incandescenza, il bambino avrà “compreso” e quindi superato
la prova.[9]
Ma il forno della nostra fiaba, destinato ai
bambini, sarà invece il fuoco che purifica eliminando il male, incarnato nella
strega; della strega rimarrà la luce delle perle e delle pietre preziose che
Hansel e Gretel troveranno nascoste nella casetta. I due bambini, finalmente
possono abbracciarsi, prima di allora si erano spesso tenuti per mano, ma
adesso l’unione è più forte, è un ricongiungimento e un riconoscimento del loro
essere fratelli e ciò non può che essere sancito dall’abbraccio.
In poche righe si concentra il ritorno alla libertà
e alla casa originaria:
… Ma dopo aver camminato per due ore, giunsero ad un largo fiume […]“Non possiamo attraversarlo” disse Hansel, “non vedo l’ombra di un ponte”. "E' non c’è nemmeno una barchetta” disse Gretel “ma guarda là quell’anatra bianca: proverò a chiederle che ci aiuti”. E cantò: “Cara anatrina, cara anatrella, Hansel e Gretel son fermi qua: non c’è barchetta né passerella, vuoi tu portarli presto di là?”[10]
Udite queste parole, l'anatra si avvicina e trasporta
prima Gretel e poi Hansel dall'altra parte del fiume. Il fiume è un ostacolo ma, allo stesso tempo, è un mezzo per
raggiungere un altro luogo, l’altra sponda; il fuoco “cammina” e brucia,
l’acqua “cammina” ma, allo stesso tempo, trasporta. I due bambini hanno
conosciuto il fuoco che scalda e il fuoco che distrugge e purifica, ma ora,
come accennavo all’inizio, al fuoco si sostituisce l’acqua, e quindi la rinascita.
Il fiume è una prova da compiere o attraversandolo, o
risalendo verso la sorgente o discendendo verso il mare. Hansel e Gretel
dovranno attraversarlo e l’anatra bianca, sarà il ponte simbolico (“non vedo l’ombra di un ponte” dice
Hansel) che li condurrà all’altra sponda del fiume, come due giovani
esploratori sbarcheranno nel mondo sconosciuto, dove loro stessi arrivano
cambiati, sono maturati e pronti per vivere la loro vita rinata. Quando
poseranno il piede sulla nuova terra, il viaggio di trasformazione sarà
concluso.
“…la riva da cui parte (il ponte) è, di fatto, questo mondo, cioè lo stato in cui l’essere che lo deve percorrere si trova in quel momento, mentre la riva a cui giunge dopo aver attraversato gli altri stati della manifestazione è il mondo principale; una delle due rive è la regione della morte, in cui tutto è sottoposto al cambiamento, e l’altra è quella dell’immortalità [… ] la parte del ponte già percorsa deve normalmente essere “perduta di vista” e divenire come se non esistesse più, allo stesso modo in cui la scala simbolica è sempre considerata con la base nell’ambito in cui attualmente si trova l’essere che vi sale, e la sua parte inferiore scompare per lui a mano a mano che si effettua l’ascesa”[11]
L’acqua del fiume conferma il suo ruolo di simbolo
che pulisce, rinnova, porta via il vecchio come in una sorta di acqua
battesimale o acqua del diluvio universale che spazza via ciò che era per dar
spazio a ciò che sarà. Comune a molte culture è l’idea dell’acqua come confine
tra il mondo dei vivi e quello dei morti, così, come abbiamo visto, lo è il
bosco. Il passaggio, vuoi del Nilo o del Lete o dell’Acheronte, poteva avvenire
a guado o in traghetto o a nuoto, a seconda delle varie culture, ma
comunque, simboleggiava l’oblio e chiunque attraversasse quelle acque perdeva
ogni ricordo della vita passata. Abbiamo già incontrato, in questa fiaba, la
presenza dell’acqua, era nelle lacrime di Gretel, un fiume di lacrime. Lacrime
che hanno spinto Hansel a tranquillizzarla, lacrime con cui ha invocato Dio,
lacrime che, come un racconto, hanno rigato le sue guance narrandoci le sue
paure, la sua fame, la sua angoscia, con queste lacrime ha “lavato via” gli
ostacoli e, con occhi più limpidi, e una visone più chiara e consapevole ha
proseguito il suo cammino, fino a poter oltrepassare il fiume.
In questo paesaggio che ha accompagnato i due
protagonisti nella loro crescita, non poca rilevanza hanno gli abitanti
dell’elemento aria: gli uccelli. Sono questi pellegrini dell’aria, infatti, che come delle Parche, determinano le vicende di Hansel e Gretel.
Sono gli uccellini affamati quanto i due bambini che, mangiando le briciole lasciate cadere da Hansel, cancelleranno la sola via conosciuta che possa ricondurre i due fratellini a casa, costringendoli a vagare nel bosco e cercare nuove vie.
Sarà un uccellino “bianco come la neve” fermo su di un ramo, che con il suo cinguettare incanterà Hansel e Gretel, affascinati lo seguiranno fino alla casetta della strega. E’ un traghettatore, è il Pifferaio magico che, incantatore di bambini grazie alla sua melodia, li porta in un mondo sconosciuto da cui non c’è ritorno. Bianco come la neve può sembrare un angelo tra le nebbie del bosco, ma in realtà, porterà Hansel e Gretel dove li porterebbe il traghettatore Caronte. E’ un traghettatore come lo sarà l’anatra, altro uccello, simbolo, nelle tradizioni della Germania, della madre che accoglie.[12]
Sono gli uccellini affamati quanto i due bambini che, mangiando le briciole lasciate cadere da Hansel, cancelleranno la sola via conosciuta che possa ricondurre i due fratellini a casa, costringendoli a vagare nel bosco e cercare nuove vie.
Sarà un uccellino “bianco come la neve” fermo su di un ramo, che con il suo cinguettare incanterà Hansel e Gretel, affascinati lo seguiranno fino alla casetta della strega. E’ un traghettatore, è il Pifferaio magico che, incantatore di bambini grazie alla sua melodia, li porta in un mondo sconosciuto da cui non c’è ritorno. Bianco come la neve può sembrare un angelo tra le nebbie del bosco, ma in realtà, porterà Hansel e Gretel dove li porterebbe il traghettatore Caronte. E’ un traghettatore come lo sarà l’anatra, altro uccello, simbolo, nelle tradizioni della Germania, della madre che accoglie.[12]
Hansel
e Gretel è una fiaba che vede l’evoluzione del femminile.
Sono simboli del femminile positivo: il bosco; l’acqua; l’anatra, mentre la
madre e la strega sono l’aspetto distruttivo e degenerato del femminile, ma
sarà il nuovo, rappresentato dalla giovane Gretel, ad emergere: non piange, non
implora, non prega, chiama l’anatra con decisione e questa le ubbidisce. Gretel
sale per prima e oltrepassa il fiume, cosa che farà in seguito Hansel, così
ognuno di loro toccherà la “nuova” terra, la loro nuova vita da soli, sancendo
in questo modo la loro evoluzione di due distinti individui e riaffermando
l’equilibrio Maschile – Femminile.
Note:
[1] Dalla seconda
edizione (1819) fino alla settima (1857) il testo subì molteplici cambiamenti,
tra questi: la trasformazione della madre in matrigna; l’uccellino bianco che
conduce i due bambini alla casetta di marzapane; l’attraversamento del fiume
sul dorso di un’anatra.
[2] Giuseppe
Sermonti, Alchimia della fiaba, ed.
Lindau
[3] Storia Vera è un’opera in due libri
scritta da Luciano di Samosata (Samosata, 120 circa – Atene, tra il 180 e il 192), con intento parodistico.
È uno dei più noti e romanzi fantastici della letteratura
greca; vi è narrata l'avventura di un gruppo di persone, che,
capitanate dall'autore, decidono di attraversare le Colonne
d'Ercole. È ritenuto il primo testo in cui viene descritto un viaggio sulla
luna.
[4] Vladimir
Propp, Le radici storiche dei racconti di
magia, ed. Newton Compton
[5] Vladimir
Propp, op. cit.
[6] Alfonso
M. Di Nola, La Nera Signora, ed. Newton,
p.560
[9] Vladimir
Propp, op.cit. pag.221
[10] Racconti dei Grimm, ed. Garzanti
[11] René
Guenon, Simboli della Scienza Sacra, pp.332-333
[12]
L’uccellino bianco e l’anatra non sono presenti nella versione originale, ma
saranno inserite successivamente.
Un altro post grandioso, davvero interessante questa interpretazione *__*
RispondiEliminaLeggendoti, mi riprometto ogni volta di riprendere i Grimm e magari approfondire Propp (ho poche conoscenze funzionali a determinati argomenti studiati secoli fa)!
Mi permetto di chiederti se conosci una fiaba della tradizione tedesca (forse! XD) che mi raccontava la nonna materna e che non riesco a reperire in alcun modo: da ricerca internet, dovrebbe intitolarsi La maga dei nani :P
Grazie mille! credo che ormai sia evidente la mia passione per Hansel e Gretel ;) No, non conosco La maga dei nani, ne andrò alla ricerca...anch'io sono anni che cerco una fiaba che mi raccontava mio nonno, raccontava di un cane che aveva rubato il naso ad un vecchio contadino...è buffo come siamo "ricercatori" di qualcosa che, apparentemente, è solo nostro, della nostra storia...vedrai le ritroveremo queste due fiabe :)
Elimina@ Marcella e Glò
RispondiEliminaNessuna delle due fiabe che avete citato mi ricorda qualcosa.
Nel caso mio, la ricerca su internet ha funzionato al primo colpo. Mi è bastato inserire le parole "gatta" e "scala di cristallo" e il motore di ricerca mi ha subito portato alla Gatta Maimona, la mia preferita tra le fiabe che mi raccontava mia nonna da piccolo e che non ero più stato in grado di ritrovare in nessun libro. Allora ho anche potuto scoprire che quella che io ricordavo come un'altra delle fiabe della nonna era in realtà un'altra parte della stessa fiaba della Gatta Maimona.
Ciao, anche io adoro Hansel & Gretel, essenziale eppure ricchissima!
RispondiEliminaA me è accaduto di ritrovare una fiaba che da piccolo mi piaceva moltissimo rileggendola per caso a mio figlio in una raccolta; prima di ritrovarla l'avevo completamente rimossa dalla coscienza (ma evidentemente non da sotto...). E' la favola della tovaglia magica che si apparecchia da sola.. Mi piacerebbe avere più informazioni su questo racconto; sapete qualcosa?
Buoni cunti a tutti
@ Ivano ed Emmeggì
RispondiEliminaVedo che siamo tutti alla ricerca della fiaba perduta (mi sta venendo un'idea per un post!). Mi ricordo della tua Gatta Maimona:) Per la mia fiaba perduta ho provato varie combinazioni su internet, ma....niente :(
Per quanto riguarda la fiaba con un'ipotetica tovaglia magica, mi viene in mente la fiaba dei Grimm "Il tavolino magico, l'asino d'oro e il randello castigamatti" dove all'ordine di "tavolino apparecchiati!" appare una tavola ricca di cibo. Grazie per i vostri commenti!
Sarebbe anche una buona occasione per fare rete. Chi vuole presenta nel proprio blog la fiaba più importante della sua infanzia e come e perché è diventata tale. Ora alcuni di noi stanno facendo qualcosa di simile con le canzoni della vita.
EliminaGrazie a te!!! E questa tua idea accennata, ispira sai??? ^_^
EliminaE continuiamo le ricerche, magari qualcuno tra noi avrà fortuna ;)
@Tutti
RispondiEliminaCredo proprio che mi inventerò qualcosa, l'idea mi solletica...vi voglio tutti presenti, mi raccomando ...non so bene per cosa e dove, ma voi promettete che sarete presenti ;) Grazie!
Sì la fiaba è quella, c è sicuramente anche in Francia e mi pare in Italia - Calvino. Ma domandarsi come facevo io quale sia l originale non ha molto senso immagino...
RispondiEliminaCredo che sia un compito arduo, l'origine assoluta forse si è persa nel tempo contaminandosi con le varie culture; in base poi agli studi viene data anche un'interpretazione diversa (psico-analitica, antropologica, simbolica...) di una stessa fiaba e di conseguenza anche l'origine cambia. Forse si ricollegano ai miti?
EliminaTi invito. comunque, a passare da queste parti il giorno 15 settembre (3° compleanno del blog) ci sarà un sorpresa per i lettori, potrebbe forse interessarti. A presto!
Volentieri passerò anche se sul la puntualità non posso garantire!
EliminaCiao ragazzi,
RispondiEliminaSapete dirmi qualcosa a proposito di "Mano Verde"? Ho solo dei vaghi ricordi del racconto di mio nonno.