“...Griselda è una guardiana di pecore che viene scelta come sposa dal signore del luogo, il marchese Gualtieri di Saluzzo. Le prove a cui l'uomo sottopone Griselda sono crudelissime e spietate: Gualtieri fa credere a Griselda di aver ucciso i loro figli e di averla effettivamente ripudiata, giungendo persino a umiliarla, cacciandola dal palazzo con la sola camicia che indossava come guardiana di pecore; richiamandola a palazzo come serva della futura seconda moglie. La finzione dura ben tredici anni: i figli in realtà sono stati allevati da una parente e la futura moglie non è che la loro prima figlia. Alla fine il marchese rivela la verità a Griselda e ai sudditi, spiegando le ragioni della sua crudeltà...”.
Questa in sintesi la storia di Griselda, personaggio
della centesima e ultima novella del Decamerone di Giovanni Boccaccio che,
tradotta in latino dal Petrarca, assurse a fama europea. La versione di
Petrarca, De insigni obedientia et fide uxoria, si diffuse in tutta Europa anche se a volte attribuita ad altri autori
come per esempio in Polonia dove una versione simile fu attribuita a Jacopo
Filippo Foresti da Bergamo, contenuta nella raccolta Storia insigne, addotta a tutte le donne
virtuose come esempio dell'umiltà, dell'ubbidienza e della modestia, di
Grisella, principessa di Saluzzo in terra d'Italia portata in Polonia dal
medico Jan da Ludzisko. In Spagna la traduzione del Petrarca fu ripresa da Frà Antoni Canals che la trasformò in Storia di Valter e Griselda, tradotta in seguito da Bernat Metge umanista
catalano dove le origini di Griselda sono ancora di Saluzzo.
Charles West Cope,
Prima prova della pazienza di Griselda
(Palazzo di Westminster)
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Direttamente dall’Italia, e precisamente dalla città
di Padova, arrivò in Ungheria attraverso gli studenti universitari; furono i monaci che la diffusero in forma prosaica e soprattutto
orale, dando al personaggio differenti connotazioni in base alle diverse realtà
religiose e storiche. Fu la versione francese ad opera di Charles Perrrault che
ottenne successo internazionale oscurando i precedenti passaggi, tanto che
“Griselda” fa immediatamente pensare a Boccaccio o Perrault.
La figura di Griselda è difficile da interpretare e
a trovare una sua collocazione coerente con le altre figure femminili del
Decamerone. Alcuni studiosi, e tanti
sono quelli che si sono occupati di Griselda, ritengono che Boccaccio voglia
esaltare la mitezza e la fedeltà della ragazza e denunciare la follia del
marito Gualtieri e del suo uso spregiudicato del potere. A demolire questa
teoria ci sono quelli che sottolineano il fatto che la novella è raccontata da
Dioneo il più irriverente e lascivo dei
narratori della “brigata”, che sembra divertirsi molto a capovolgere il tema affidato.
Dioneo ritiene “molto savio” il nobile
Gualtieri nel suo proposito di non prendere moglie, ma poi ne stigmatizza la “matta
bestialità” nel trattare Griselda, spiegando che in pochi potrebbero
aspettarsi il lieto fine che a lui è toccato, una sorta, quindi, di condanna per
Gualtieri, tanto che alcuni hanno pensato che la “matta bestialità” sia da
attribuire a Griselda, intendendo con questa espressione la sua passività di
fronte a tanta crudeltà nei suoi confronti e nei confronti dei figli.
Riguardo alla “matta bestialità” di Gualtieri,
Elisabetta Menetti in Griselda, o l’enigma
di Boccaccio riporta: “È un uomo (Gualtieri) di potere, che esercita in
modo ingiusto e vigliacco il proprio vantaggio gerarchico. È un marchese che
sceglie la plebea Griselda, convinto di poter dominare meglio gli eventuali
rischi di un matrimonio. Questa inclinazione alla «matta bestialità» della
personalità di Gualtieri emerge immediatamente, quando, in un primo gesto di
sopraffazione feudale, il marchese fa spogliare nuda Griselda davanti a tutti.
Lo stesso marchese chiarisce le ragioni di tale inaudita crudeltà, quando,
nella rivelazione finale, confessa a Griselda il motivo del proprio
accanimento: la paura. In particolare: la paura di sposare una donna che non
gli si addicesse («quando venni a prender moglie, gran paura ebbi che non
m’intervenisse»). La condizione di paura crea le condizioni per il dispiegarsi
della matta bestialità, intesa come un desiderio violento, irrazionale e
incontrollabile di dominio assoluto di ciò che si teme.”
La violenza e la crudeltà che sfociano dalla paura e
dal sentimento di inadeguatezza di Gualtieri trovano dall’altra parte la fermezza
e il coraggio di Griselda che subisce senza far trapelare il suo dolore le
atrocità che le vengono inferte. Da qui la critica si è spesso chiesta se
Griselda sia una vittima passiva, diversa dalle donne del Decamerone, o se
Griselda sia con la sua fede e la sua sopportazione, l’esempio ultimo (e non a
caso inserito nell’ultima novella dell’opera di Boccaccio), la figura femminile elevata, simile per fede e sopportazione alla Madonna. Avrebbe potuto Boccaccio
chiudere un’opera monumentale con una figura femminile negativa? Sembra difficile.
La Griselda
di Perrault appare in realtà figura negativa, o almeno più debole, tanto è vero
che è la fiaba dove ci sono tracce più evidenti della misoginia di cui è spesso
accusato Perrault. Così fa parlare Gualtieri riguardo al matrimonio:
"Osservate bene tutte le ragazze: finché stanno in famiglia, sono virtuose, docili, modeste, sincere; ma appena maritate, la maschera non serve più, ed eccole mostrarsi nel loro vero carattere. Questa diventa una bigotta brontolona; quella una fraschetta ciarliera, sempre in cerca d'amanti; una terza si atteggia a far la saputa; un'altra ancora si dà al giuoco, perde danari, gioielli, mobili, vestiti e manda la casa in rovina. In un sol punto, si somigliano tutte, nel volere a tutti i costi dettar la legge. Ora io son convinto che nel matrimonio non si può esser felici, quando si comanda in due. Se dunque voi bramate darmi moglie, trovatemi una fanciulla che sia bella, punto superba, non vanitosa, obbediente, paziente, senza volontà; ed io vi prometto di sposarla."
Una fanciulla “senza volontà” per Perrault,
difficile da credere che fosse l’ideale di Boccaccio.
E’ necessario forse passare per la traduzione di
Griselda ad opera di Petrarca dal titolo molto indicativo: De insigni obedientia et fide uxoria. Colpa e meriti del Petrarca!
Il merito di aver contribuito a diffondere, grazie alla traduzione latina e in
prosa raffinata, la notorietà della novella e del personaggio; la colpa di aver,
forse, contribuito ad aumentare l’ambiguità
del messaggio dell’amico Boccaccio.
Segnalo l'analisi di Daniela Romagnoli La storia di Griselda nella camera picta di Roccabianca: un altro autunno del medioevo?
Fonti: Wikipedia
Elisabetta Menetti in Griselda, o l’enigma di Boccaccio
Io credo che Boccaccio in realtà in Griselda desiderasse semplicemente narrare una vicenda che si differenziasse dalle altre, un modo per accomiatarsi dai suoi lettori facendogli pensare che quello che finora pensavano di aver compreso dalle novelle precedenti in realtà fosse qualcosa in più.
RispondiEliminaMettiamola così, un modo per creare dubbi ai suoi lettori.
Probabile. Affidare la sua voce a Dioneo per "mischiare le carte", rientrerebbe anche nel carattere "toscanaccio" (esattamente il mio). Un'opera che si conclude con una sorta di ambiguità. Grazie Nick :)
EliminaEcco, la versione di Perrault non mi era nota :O Piuttosto "fastidiosa"...
RispondiEliminaOgni volta che leggo un tuo post, mi vien voglia di riprendere in mano libri ormai quasi dimenticati, di approfondire e studiare :D E dunque direi che ciò che scrivi è più che interessante! *_*
Sì, impossibile trovare in Perrault una figura femminile forte e "creatrice" come è nella sua natura. Grazie, ma anche i tuoi commenti mi danno una spinta cercare...siamo due ricercatrici che si influenzano reciprocamente!!
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