Salta nel mio sacco! Fiaba corsica raccolta da Italo Calvino

“Con questa fiaba, saggia e stoica, ho voluto che il libro si chiudesse” scrive Italo Calvino nell’ultima nota della sua raccolta.
E’ la storia di un uomo dotato di grande saggezza, equità e generosità, che da giovane chiede in dono ad una fata un sacco al cui interno può far entrare ogni cosa e un bastone che picchia a comando, e per tutta la vita li utilizza solamente a fin di bene.
Ottiene grandi ricchezze e riesce a farsi giustizia da solo, ma mai per scopi cattivi e sempre aiutando i più poveri e sfortunati. 
La sua vita, lunga e felice, si chiude anche in bellezza quando, ormai vecchio, chiede un ultimo favore alla morte arrivata a prenderlo, quello di rivedere la fata bellissima che gli donò la sua fortuna. E quando la fata gli chiede se desidera giovinezza, potere e salute, il nostro protagonista risponde “T’ho vista. Muoio contento” e dopo aver bruciato bastone e sacco perché non cadano in mani sbagliate, muore contento.

Sono molti i temi di questa fiaba: il rapporto tra i fratelli, il più piccolo che nasce sfortunato rispetto agli altri, temi di molte fiabe; voglio però soffermarmi, non tanto su di un tema, quanto piuttosto di un oggetto e della sua simbologia: il sacco.
Il sacco lo troviamo spesso nelle fiabe, a volte contiene il malcapitato, a volte sassi, a volte, ed è sicuramente il caso più affascinante, un’infinità di oggetti magici, un sacco senza fine, come un pozzo senza fondo o la più moderna borsa di Mary Poppins; ma sia il pozzo che la borsa sono dei sacchi!
Il sacco è quell’oggetto che non si sa cosa possa contenere che suscita quindi curiosità e fascino quando il personaggio di turno ne fa uscire oggetti e perfino esseri magici ed animati.
E’ l’oggetto che viene consegnato al figlio che lascia la casa dei genitori in miseria e che contiene il poco che questi possono offrire: il cibo per uno o due giorni di cammino; spesso quel sacco, al ritorno, sarà pieno di oggetti preziosi.
Da un punto di vista simbolico il sacco rientra nella categoria dei “contenitori”, ha quindi il potere di nascondere, accogliere e trasportare e, come tutti i simboli “contenitori”, è simbolo femminile.
Nella fiaba di Andersen, Il Paradiso Terrestre, la madre dei venti possiede quattro sacchi dove rinchiude i suoi quattro figli quando combinano disastri, tempeste, devastazioni…una madre che vive in una grotta, altro simbolo femminile, ma che si presenta tutt’altro che docile:
“Io devo essere dura se voglio che i miei figli siano disciplinati. E ci riesco, anche se hanno la testa dura! Vedi quei quattro sacchi appesi alla parete? Di quelli hanno paura […] Io sono ancora capace di piegare i miei ragazzi, te lo assicuro, e di metterli nel sacco. Qui non facciamo complimenti! Restano lì dentro e non tornano a bighellonare, finché non credo che sia giunto il momento giusto.”
E così, a turno, i 4 venti ritornano a casa, la madre ascolta le loro vicende e in base a quanti danni hanno provocato, li punisce chiudendoli nel sacco.
E’ una madre che raccoglie di nuovo i figli dentro di sé (il sacco è qui la stessa madre) è la madre dei venti che li lascia andare e li domina, forse una madre dominante.
D’altronde il primo sacco con cui veniamo a contatto nella nostra vita è il sacco amniotico e nei tempi in cui non esisteva la possibilità di effettuare ecografie, questo sacco racchiudeva non solo una vita (o forse più vite) ma timori, gioie, sorprese e tanti messaggi che davano indicazioni su “cosa” contenesse: “pancia a punta non porta cappello” o “pancia a punta non va in guerra”, “se ti brucia lo stomaco nascerà un bambino con i capelli” questo era il fascino che circondava il mistero della nascita.
E poi c'è il sacco protagonista di questa notte, quello dalla capienza infinita, il più colorato ed il più atteso, il sacco di Babbo Natale!


Riporto la trama di Salta nel mio Sacco! ripresa dalla rccolta "Fiabe" di Italo Calvino
In tempo di carestia un padre male in arnese incoraggiò i suoi dodici figli ad allontanarsi dalle montagne del Niolo per cercar fortuna altrove, invitando i fratelli più grandi a prendersi cura di Francesco, piccolo e zoppo.
Ma così non fu e Francesco si ritrovò presto solo e in difficoltà, fino a quando, durante il sonno, la Regina delle Fate del Lago di Creno non gli curò la gamba con erbe miracolose. Al suo risveglio Francesco fu talmente grato per il beneficio ricevuto, che la Fata gli concesse due desideri, prontamente esauditi: “un sacco nel quale vada a finire dentro ogni cosa al mio comando e un bastone che faccia tutto quello che comando io”.
Innanzitutto Francesco chiese di far entrare nel sacco una quantità di cibo e vino sufficienti per un pasto dignitoso. Una volta riprese le forze proseguì il cammino verso Mariana, dove c’era un convegno dei più bravi giocatori della Corsica. Essendo povero, ordinò di far entrare nel sacco un bel gruzzoletto, che gli fece meritare la nomea di Principe, ora noto per le sue ricchezze anche al Diavolo: questo, sotto mentite spoglie, sfidava a carte i giocatori fino a lasciarli senza un soldo, costringendoli al suicidio e a vendergli l’anima.
Il Diavolo, dunque, si presentò a Francesco, adulandolo come soleva fare con tutti, e lo invitò a una partita a carte; Francesco, che nel frattempo si era ben accorto di trovarsi davanti a Satana, finse di stare letteralmente al gioco. Perse ripetutamente ogni partita e, quando il Diavolo convinto della sua rovina gli chiese di vendergli l’anima, gli comandò di entrare nel sacco e ordinò al bastone di picchiarlo violentemente.
Alle suppliche di Satana per essere liberato rispose che gliel’avrebbe concesso a patto di veder resuscitati tutti gli uomini che si erano tolti la vita a causa sua. Una volta mantenuto l’accordo, il Diavolo sparì dalla circolazione e Francesco spronò i redivivi a non rischiare più la vita per il gioco, non potendo garantire di salvarli una seconda volta.
Con lo spauracchio delle botte del bastone nel sacco convinse anche un medico riluttante a prestare generosamente le sue cure a un pover’uomo che non poteva permettersi di pagarlo.
Inoltre, mise su una locanda per indigenti consentendo loro di sfamarsi senza spesa; ma solo fino a quando durò la carestia: una volta ritornata l’abbondanza, Francesco ritirò la sua offerta per non incentivare la pigrizia e invitando chiunque a guadagnarsi da vivere. Continuò dunque a fare del bene fino a quando non invecchiò e la Morte non venne a fargli visita. Come ultimo desiderio chiese di rivedere la Regina delle Fate del Lago di Creno, la quale avrebbe voluto premiarlo ancora un volta per non aver abusato del suo potere. Tuttavia Francesco, soddisfatto di quanto già ottenuto, non volle di più e, una volta dato fuoco a sacco e bastone, comunicò alla Morte di essere pronto per congedarsi.

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