Lo scettro del Re Salomone e la corona della Regina di Saba (fiaba della notte di Natale)

La prima edizione de Novelle della Nonna: fiabe fantastiche, di Emma Perodi,  esce nel 1893; una raccolta articolata sul doppio registro della vita della famiglia Marcucci, contadini nel podere di Farneta presso Camaldoli, nel Casentino della fine dell’Ottocento; Nonna Regina Marcucci, capostipite, rimasta vedova con 5 figli, costituisce la cornice ‘realistica’ dell’opera, e delle quarantacinque novelle, che racconta a figli e nipoti durante le veglie invernali. La prima di esse (nell’edizione CRESCERE ed. 2020) “Lo scettro del Re Salomone e la corona della Regina di Saba” è raccontata nella notte di Natale.
Qui potete trovare il testo integrale della fiaba "Lo scettro del Re Salomone e la corona della Regina di Saba"

Immagine da Pixabay

La narrazione di Nonna Regina comincia su richiesta del figlio Cecco l’ultimo dei 5 figli, da poco rientrato dal reggimento. Gli altri figli con rispettive consorti sono usciti per la messa di Natale, fuori nevica e c’è gelo, sul focolare stanno bollendo e borbottando le castagne, appunto le “borlotte”.
La scena è in contesto reale dei luoghi del Casentino, non di fantasia:
“Tutte le campane di Poppi e della valle suonavano a festa in quella notte chiamando i fedeli alla messa di Natale, e pareva che a quell’invito rispondessero le campane di Soci, di Bibbiena, di Maggiona e di tutti i paesi e i castelli eretti sui monti brulli, che s’inalzavano fino all’Eremo di Camaldoli e al Picco della Verna, tanto era lo scampanìo che si udiva da ogni lato. In una casa di Farneta, piccolo borgo sulla via di Camaldoli, la famiglia del contadino Marcucci era tutta riunita sotto l’ampia cappa del camino basso, che sporgeva fin quasi a metà della stanza.”
Cecco è come detto il figlio minore, che rientrato dopo anni dal reggimento ritrova la madre invecchiata e affaticata, tanto da volere trascorrere il tempo con lei, il tempo rimasto.
Cecco andò a sedersi accanto alla Regina, e mettendole una mano sulla spalla, le disse scherzando: - Badate, mamma, la novella la so quasi a mente, e se non la raccontate bene, vi tolgo la parola e la narro io! Vi rammentate quante volte sono stato a occhi spalancati, con le gomita sulle ginocchia, a sentirla?
Ed ecco la fiaba: ilrealistico paesaggio innevato, appare anche nella fantasia dove è il colore bianco a prevalere, il paesaggio è innevato, un vecchio con una lunga barba bianca vestito in pompa magna (“cappamagna”) appare improvvisamente cavalcando una mula bianca. Un candore che fa subito pensare alla luce. La sua corte è composta da due buoi che trascinano un carro guidato da un vecchio e da 5 uomini a cavallo armati di lancia. Misteriosamente si insinuano in una casetta che ben presto viene quasi sommersa dalla neve, nessuno sa chi sono, nessuno sa cosa stanno facendo e questo non può che scatenare la curiosità di un personaggio dal nome Turno.
Così Turno, nel cuore della notte, riesce ad entrare nella casa composta da una caverna, dove si trova una camera e scendendo una nuova camera, sembra la discesa in una piramide egizia, fino a quando, al centro della terra, trova una camera piena di oro tra cui la corona della Regina di Saba e lo scettro del Re Salomone.
Nel frattempo gli abitanti della casa sono usciti investendo di luce l'intero paese; sono Angeli, sono portatori di luce e di doni, infatti la mattina successiva, mattina di Natale, i bambini troveranno in dono dei sacchetti contenenti monete d'oro lasciate dagli angeli. Sono le monete che appartengono al tesoro di Re Salomone e che loro avevano in custodia.
Ma Turno è stato tentato dal Diavolo e, spinto da questo, ha rubato delle monete dalla camera di Re Salomone. Gli Angeli, vinti dal diavolo attraverso Turno,  se ne andranno dalla casetta sottorranea e di essa e dell'oro che contiene se ne impossesserà il Diavolo, da allora custode del tesoro che non veràà più distribuito ai bambini.
Del luogo dove sorgeva la casetta è rimasto solo l'entrata per la caverna, da allora denomirata "buca del diavolo"
L'ultima parola di questa fiaba spetta a Gigino, che riporta la fiaba nella realtà e nella schiettezza tioica del carattere toscano:
"Peraltro la novella di stasera non mi capacita-
- Perché? - domandò Cecco alzando Gigino e mettendoselo a cavalluccio sulle ginocchia.
- Perché gli angioli non se la dovevano prendere con i bambini se Turno era sceso nella caverna. Mi pare che paghi il giusto per il peccatore, e a noi, a noi che ci si sforza di non far birichinate in tutto l’anno, quando vien la vigilia di Natale, non ci tocca nulla.
- Son novelle! - sentenziò l’Annina, - e si raccontano così per divertire."

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